If Oceans Could Speak

Stefano Pedone and Mattia Borroni: Sustainable food, tradition and innovation around the Italian Coasts

EU4Ocean Season 2 Episode 7

Have you ever wondered what it means to eat sustainably on the Mediterranean coasts?

Today's episode explores this question from an Italian perspective with our guests Stefano Pedone and Mattia Borroni. Stefano is a marine biologist and project officer at Worldrise association and Mattia is a chef in his own restaurant, “Alexander”.

Both young ocean lovers at heart, our guests followed different walks of life to join forces in promoting the consumption of sustainable, local seafood in the regional cooking world of Italy. Both are involved in Worldrise’s SEAstainable initiative and Meroir project carried out in the Italian regions of Emilia-Romagna and Liguria. We tap in to their personal and professional experiences around cuisine, environmental protection, and sustainable fisheries.

From the need to create a new sensitivity to sustainable food from the ocean in the public and to bridge the gap between old and new generations in the field, this episode also reveals the importance of bringing traditional, small-scale fishing traditions back and re-discovering “lost” local products and flavours, in order to eat more sustainably on the Mediterranean coast.

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Worldrise
SEAstainable  
Meroir
Alexander restaurant (Ravenna, Italy)

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[00:00:00] Mattia: quindi se noi viviamo il mare, andiamo in mare, riusciamo a respirare questa energia e poi, quando torniamo a terra, continuiamo a comunicare questa energia nei nostri piatti, in quello che mangiamo, o anche nella nostra giornata quotidiana.

[00:00:15] Anna: Benvenuti in questo episodio di If Oceans Could Speak. Io sono Anna e con questo podcast vorrei accompagnarvi alla scoperta delle storie sull’oceano più suggestive e spesso inascoltate, raccontate direttamente dai nostri ospiti. Condividendo queste conversazioni con voi, ci auguriamo di potervi ispirare e appassionare, ma vorremmo anche portarvi a riflettere sul vostro personale rapporto con l’oceano.

In questa seconda stagione di If Oceans Could Speak, guarderemo alle prospettive provenienti dal mar Mediterraneo e oggi in particolare siamo lieti di potervi presentare due fantastici ospiti con i quali discuteremo di cibo sostenibile e di sapori del mar Mediterraneo. Abbiamo oggi insieme a noi Stefano Pedone e lo chef Mattia Borroni. Stefano è project officer presso Worldrise, dove coordina il progetto SEAstainable sulla pesca e sul consumo di prodotti ittici sostenibili. Worldrise è una ONLUS fondata da giovani professionisti legati alle scienze del mare, i quali dedicano le loro attività ai giovani. Worldrise ha come scopo quello di proteggere e valorizzare l’ambiente marino, attraverso progetti di formazione e di sensibilizzazione.

Mattia, invece, scopre la sua passione per la cucina all’età di 11 anni, e oggi è un giovane chef di talento e lavora presso Alexander, uno storico cinema nel cuore di Ravenna che è stato convertito in un ristorante nel 2002. Passione, improvvisazione e buon senso sono delle importanti qualità che lo accompagnano in cucina. Mattia aderisce al progetto Meroir di Worldrise, coordinato da Stefano.

Ciao ad entrambi e benvenuti in questa puntata.

[00:01:50] Mattia: Ciao!

[00:01:51] Stefano: Ciao.

[00:01:52] Mattia: Grazie per l’invito.

[00:01:53] Stefano: Grazie mille.

[00:01:54] Anna: Allora, io inizierei con alcune domande che vi permettano di introdurre la vostra storia in prima persona. Iniziando da Stefano, Stefano qual è la storia che ti lega al mar Mediterraneo, e cosa ti ha portato a voler proteggere il mar Mediterraneo e quindi a dedicarti alla protezione ambientale? Sappiamo molto bene che spesso non è un compito semplice.

[00:02:15] Stefano: La mia storia che mi lega al mediterraneo diciamo che è abbastanza ancestrale, per il semplice fatto che essendo nato Ligure, essendo nato in Liguria, ovviamente ho sempre avuto questo contatto continuo con il mare, con il mar Mediterraneo. Anche solo fin da piccolo, le mie sensazioni che mi riportano [al mare], un po’ come la mia madeleine di Proust, è un po’ l’odore del mare, la salsedine, il sale sulla pelle. Quindi il mare, ovviamente, è sempre stato una parte di me.

Poi devo ammettere che quello che mi ha permesso di crescere dal punto di vista professionale, che mi ha indirizzato subito sulla strada è stata anche un po’ la mia curiosità, e che i miei genitori, devo ammettere per fortuna, mi hanno sempre supportato. Avendo anche padre geologo, ha capito immediatamente che cosa voleva dire quando ha visto un figlio così curioso nei confronti del mondo naturale. Quindi mi hanno sempre supportato a nutrire questa mia continua curiosità, che da un lato voleva anche dire – poverini – pagare sempre un obolo mensile con l’acquario di Genova. Fin da piccolo, ogni mese chiedevo di andarlo a visitare, quindi è stata una spesa non indifferente, più della retta universitaria. Poi da lì, ovviamente, ho deciso fin da piccolo, quindi, che sarei diventato un biologo marino. Ma bisogna ammettere il fatto che, pur avendo proseguito in maniera molto lineare questo mio indirizzo, questa mia passione, poi quando ci si ritrova verso la fine dell’università, che non si sa bene che strada intraprendere, non avevo minimamente pensato al percorso dell’associativismo, cioè del terzo settore delle onlus e delle associazioni no-profit. Io pensavo un po’ come tutti al mondo della ricerca universitaria. È stato poi in realtà l’incontro proprio con Mariasole Bianco, che è la fondatrice di Worldrise, l’ho incontrata per caso in un corso a scelta sulla divulgazione naturalistica, alla fine di questo corso, che è stato molto formativo e molto interessante, ha presentato Worldrise, che all’epoca era ancora giovanissima come associazione, e da lì poi ho deciso che avrei fatto quello, che sarei entrato in questo mondo.

[00:04:13] Anna: Ok, benissimo, quindi possiamo dire che hai iniziato a seguire Worldrise sin quasi dalle origini. Adesso direi di chiedere a Mattia, Mattia parlaci un po’ del tuo rapporto con il mare: hai un ricordo in particolare, o un’esperienza legata al mar Mediterraneo che potresti condividere con noi e che ha segnato un po’ il tuo percorso o ha determinato la tua passione?

[00:04:39] Mattia: Ma diciamo che per me è nata prima la passione per il mare, e poi la passione per la cucina, anche perché io sono nato e cresciuto in mare. Effettivamente tuttora è una delle cose che mi dà più emozioni in assoluto, perché la mia passione al di fuori della cucina, che è il mio lavoro è la subacquea, la barca a vela… possiedo una barca a vela; quindi, sono armatore di una barca a vela. Quindi il fatto che io da Milano mi sia trasferito in una città di mare… questo vuol dire molto. Io ho i miei nonni da parte di mia madre che sono di origine marchigiana. Abbiamo una casa nella Riviera del Conero e questa forte influenza del mare è sempre presente nella mia vita, fin da quando ero anche piccolino. Tutti gli anni io non vedevo l'ora di arrivare nella costiera del Conero per andare a fare le mie immersioni. E il mio grande sogno era quello proprio di possedere una barca. Adesso, sono diventato un po’ più grande, ho acquistato una barca a vela e ho coronato il mio sogno dal punto di vista del mare.

Questo mi ha portato a essere anche molto curioso, proprio sul livello dei prodotti ittici che abbiamo nella nostra zona o nel nostro nel nostro mondo culinario. Ed è stato quello trampolino di lancio che mi ha dato la forza e la continuità di cercare di trovare il modo di migliorare sempre di più, e utilizzare sempre di più prodotti un po' più nascosti, nel senso che la gente magari utilizza un po' meno. Perché purtroppo la cucina sta diventando molto, diciamo un binario unico, dove la gente utilizza sempre quei quattro cinque prodotti e il mercato poi ovviamente, visto che deve stare un po' alle regole del gioco, fornisce solo quei quattro, cinque prodotti. E quindi diventa un po' più difficile, proprio una sfida, riuscire a cercare di trovare dei prodotti, un po' più dimenticati, un po' più inusuali… che poi inusuali non sono, perché magari se torniamo indietro di vent'anni trent'anni ho cinquant'anni, sono prodotti che magari nel nostro quotidiano utilizzavano in continuazione, ma purtroppo ora sono stati un po' dimenticati.

La mia curiosità mi ha portato tutte le volte a migliorarmi sempre di più e il migliorarmi sempre di più mi ha portato comunque, nella mia vita lavorativa, ad avere anche delle gratifiche dal punto di vista nazionale o comunque anche territoriale. Quindi questa è una grande soddisfazione.

Tutto ciò, lo devo al mare, alla mia curiosità di sapere cosa c' è sopra il mare, ma soprattutto cosa c'è sotto il mare. Sono tornato ieri dopo un'immersione, perché proprio io ho questa esigenza di toccare con mano, immergermi appieno nel mare. E tra l'altro, questa cosa qua di essere proprio legato anche fisicamente al mare mi fa rendere conto ogni anno sempre di più di quanto sia veramente importante - per quello ho sostenuto questo progetto anche con loro - proprio quanto sia importante cercare di valorizzarlo, cercare soprattutto di rispettarlo.

Perché quando uno va a fare le immersioni sempre nel solito punto si rende conto, anno dopo anno quanto ci sia questo grande cambiamento. Perché la gente lo vede fuori dall'acqua, perché è agli occhi di tutti, quindi magari l'inquinamento la deforestazione e roba del genere. Ma non si rende conto che sott'acqua è uguale l'unica, cosa che magari lo vedono in pochi, non in tanti. Quindi questa cosa qua mi fa essere un po' più attento anche proprio nella scelta delle materie prime.

[00:07:43] Anna: Verissimo, grazie. Poi soprattutto quando si parla di cambiamento climatico, spesso tendiamo a pensare a tutta una serie di fenomeni che stanno avvenendo sotto i nostri occhi, quindi sopra la superficie del mare. E invece purtroppo ci sono tantissimi problemi, e tantissimi cambiamenti che avvengono negli ecosistemi marini. Volevo chiederti, se dici che è nato prima l'amore per il mare e poi quello per la cucina, cosa ha fatto scattare la scintilla? E Cosa ti ha portato a dire Ok, voglio intraprendere questa carriera e voglio essere lo chef nella vita.

[00:08:17] Mattia: Io dico sempre che la mia passione per la cucina è nata un po' da una esigenza, nel senso che non sono figlio d'arte - che in questo mondo è un po' difficile perché di solito tanta gente si appassiona al mondo della cucina o diventa cuoco perché magari ha i genitori che gli hanno tramandato un amore o ha delle tradizioni proprio molto forti. Invece per me non è così. Mi è sempre piaciuto molto le cose manuali. Quindi sin da quando ero piccolino a fare i lavoretti con legno, fare tutto ciò che comportava la mia creatività manuale. E nella cucina e mi sono ritrovato in questo mondo. Ho iniziato molto presto, proprio perché volevo capire se era la mia strada. Tanti ragazzi di oggi fanno l'alberghiero perché pensano che sia una scuola che non richiede di avere proprie capacità. Io invece ho fatto l'alberghiero proprio perché ero consapevole del fatto che io volessi fare quella scuola lì, non perché non avevo idea e non sapevo cosa fare. Quindi, prima di andare a iscrivermi alla scuola alberghiera, ho fatto un periodo di lavoro in un ristorante di un mio amico - tra l'altro molto bravo e devo ringraziare anche lui che mi ha inserito nell’alta ristorazione - per capire se era effettivamente quello che io avessi voluto fare. E da lì ho deciso di intraprendere una scuola alberghiera, lavorando mentre andavo a scuola. Questo mi ha permesso di diciamo, bruciare un pochettino le tappe, perché ho iniziato a lavorare molto presto, ho iniziato a fare lo chef molto presto. Adesso io ho 31 anni, sono già la bellezza quindici-sedici anni che lavoro. Dico sono quasi già stufo – no, scherzo. Però mi ha dato la possibilità di poter sperimentare molto di più di altre persone che magari hanno iniziato a lavorare a venti anni, a ventidue anni.

Nel nostro lavoro è molto importante, le conoscenze e soprattutto l'esperienza e quindi più anni hai di esperienza, più sensibilità hai poi anche nel trattare la materia prima o anche soltanto sapere quello che sono le esigenze dei clienti. Sei a contatto con tante persone giornalmente, quindi devi avere anche quella sensibilità di riuscire a capire cosa vuole un cliente, come poterglielo proporre, non azzardare mai troppo, perché nel nostro mondo del lavoro, poi alla base, il nostro lavoro è vendere un prodotto a qualcuno. Se questo qualcuno non c'è, è un hobby, non più un lavoro, quindi più vai avanti, più esperienze hai da quel punto di vista lì. E più anche prodotti, poi, ti passano tra le mani. Quindi, come dicevamo prima, prodotti magari un po' particolari, la gente fa fatica a utilizzarli perché magari hanno bisogno di avere delle accortezze in più, magari una lavorazione in più, magari una conoscenza in più per poter utilizzare alcuni prodotti che magari sono chiamati pesce povero o prodotti poveri. E magari vanno su prodotti dove magari è più facile, la cottura è molto più semplice. Immagino, faccio un esempio stupido del tonno: il tonno pinna gialla, che è consumato in tutti i ristoranti del mondo è utilizzato, perché? Perché ha un costo non eccessivo, la cottura è facilissima, è buono, piace a tutti. Allora vedo diversamente, utilizzare magari un granchio, utilizzare magari non so, una Tracina, o anche una banalissima Alice, una banalissima Sarda: ci sono le spine, ha un sapore più importante, quindi piace un po' meno alla gente… Bisogna impegnarsi per trovare il modo di utilizzare al meglio e cercare di cucinarlo nel migliore dei modi. Tanta gente è magari un po' sfaticata, o magari proprio gli manca l'esperienza per poter utilizzare un prodotto al meglio.

[00:11:33] Anna: Quindi da una parte è necessario comunque avere la passione e la volontà di sperimentare dei prodotti differenti, dall’altra però serve anche tanta pratica per potersi dedicare a delle preparazioni che sono un po’ più complesse, che però permettono il consumo di un prodotto che è molto più sostenibile, che è molto meno impattante rispetto ai prodotti ittici più commercializzati. Perché secondo te è così importante parlare di sostenibilità dei prodotti ittici, soprattutto quando ci rivolgiamo alla cucina mediterranea?

[00:12:07] Mattia: Allora, io penso che sia importante la materia prima, cercare che sia etica, per due motivi, diciamo la verità. Uno, per questione nostre personali, nel senso, in maniera un po' più egoistica, per la nostra tradizione. Cioè La nostra elezione marinaresca utilizza prodotti che noi tutt’ora non utilizziamo, come dicevo sempre prima, del tonno del pesce spada che arriva dall'altra parte del mondo o delle seppie e dei calamari congelati (che troviamo nel novantanove virgola percento dei locali sulla Riviera), non è tradizione. Quindi, visto che noi siamo un popolo, soprattutto noi romagnoli, siamo molto legati alla nostra tradizione, quando parliamo di tradizioni dobbiamo parlare anche di pesce tradizionale, pesce che cresce da noi, che i nostri nonni utilizzavano per fare le vere fritture di pesce. Perché quello si chiama soltanto business e non va di pari passo con la tradizione.

L’utilizzo del pesce povero ti dà la possibilità di poter innanzitutto evitare che si faccia una pesca intensiva di altre tipologie di pesce che magari soffrono nel momento in cui vengono pescate, ma non soffrono come sofferenza animale, ma proprio come sofferenza nel senso che, se noi peschiamo, faccio un esempio stupido, se noi peschiamo tutti i branzini che ci sono nel nostro Mediterraneo, fa da sé che dopo il branzino dopo un po' non ce n'è più. Quindi se noi invece di pescare tutti, ne peschiamo, non so, una percentuale e ci dedichiamo poi a pescare magari altri pesci che sono più sostenibili, sia dal punto di vista della tipologia di pesca - che poi Stefano sarà più bravo di me a specificare queste cose qui -, sia soprattutto di diversificare quello che troviamo sul mercato. E adesso come adesso, gli addetti al lavoro nella ristorazione come me soffrono la mancanza di pescato. Perché il mercato purtroppo sta solo andando su una direzione soltanto. Io voglio fare un menù, faccio fatica a reperire della materia prima, fresca, che arrivi dal nostro mare. Ma perché? Uno, perché ce n'è poca; ma, seconda cosa, perché il mercato non te la chiede. Se nessuno chiede, che ne so, la tracina, la tracina non la pescano neanche; se la pescano magari la ributtano in acqua così com'è, perché per loro è un pesce che non ha mercato. Se invece la gente iniziasse a chiedere una tracina, o a chiedere degli zanchetti, avrebbe mercato, e questo mercato magari farebbe abbassare un pochino il prezzo del branzino o dell’ombrina, e magari avrebbe un mercato un po' maggiore con l’altra tipologia di pesce chiamato povero. 

Soprattutto anche magari le tecniche di pesca: alcuni pesci magari hanno bisogno di avere delle tecniche di pesca un po' più invasive e altri un po' meno invasive. Come abbiamo fatto quando abbiamo fatto lo show cooking a Cervia: abbiamo utilizzato per esempio, le rapane o i murici, che sono prodotti che sono della nostra tradizione, un po' abbandonati perché sono un po’ brigosi da pulire, dico la verità, il granchio blu che è un granchio che non è nostro, però sta diventando un prodotto tradizionale. Quindi quello sta diventando anche lui un prodotto tradizionale. Bisogna adattare un pochettino anche a quelli che sono i cambiamenti climatici, i cambiamenti, anche nella nostra tradizione, soprattutto cercare di utilizzare prodotti che arrivano dal nostro mare o dal nostro mercato, perché così almeno incentiviamo anche un pochettino la nostra economia.

[00:15:10] Anna: Quindi è per questo che è così importante nel Mediterraneo parlare di prodotti ittici sostenibili; e cioè sia dal punto di vista del valorizzare nuovamente alcuni prodotti che sono già parte della tradizione ma che sono un po' dimenticati, appunto il cosiddetto pesce povero, ma anche andarci a concentrare sulla varietà che caratterizza il nostro mar Mediterraneo…

[00:15:31] Mattia: Soprattutto sulla stagionalità. Anche perché siamo molto attenti sulla stagionalità, per esempio della frutta e della verdura… Nessuno si sognerebbe mai gennaio o anche prima a dicembre, di mangiare delle fragole perché direbbero “ma sei un pazzo”, però magari la gente a gennaio ti chiede le cozze. A gennaio le cozze non ci sono. È controproducente: tu vai a prendere un prodotto che non è buono, un prodotto che magari viene dall’altra parte del mondo, perché devi assolutamente, nel tuo menù, inserire la cozza. E purtroppo la stagionalità a livello ittico è molto meno conosciuta di quello che può essere stagionalità invece della frutta e della verdura, perché magari ribadisco che è stato fatto un bel lavoro di marketing proprio sul discorso della stagionalità e sul pesce magari un po' meno. Quindi la gente non sa qual è il periodo della seppia, qual è il periodo della cozza, qual è il periodo del pesce azzurro. Quello è un po’ una mancanza.

[00:16:20] Anna: Ok, perfetto, quindi è importantissimo sensibilizzare di più il pubblico all’importanza della stagionalità, anche in questo settore. E se non mi sbaglio, Worldrise lavora anche su questa sensibilizzazione del pubblico, giusto, Stefano? Volevo farti la stessa domanda, cioè perché è così importante parlare di sostenibilità, anche, ovviamente, dal tuo punto di vista?

[00:16:43] Stefano: E io condivido tutto quello che ha detto Mattia, proprio perché il nostro lavoro, e con il nostro progetto SEAstainable, è proprio riferito al fatto che si sta notando, almeno noi notiamo il fatto che i consumatori, che è il grande pubblico, ha proprio questa poca informazione, ignoranza, ma perché vi è poca comunicazione al riguardo, proprio su quello che è il mondo della pesca e il mondo del prodotto ittico.

Le persone sono abituate, ma anche proprio per una questione di comodità della fruizione del prodotto, anche solo per la presenza costante in tv di vedere l'agricoltura, l'allevamento, insomma certi tipi di prodotti - come diceva Mattia, la stagionalità della frutta, la stagionalità della verdura -, anche solo dal punto di vista della consumazione degli animali allevati. Gli animali allevati si contano sulle dita della mano, cioè: il maiale, la vacca, il pollo, la pecora. Invece la pesca è tutto un altro mondo. La pesca, pur essendo sempre collegata anche da un punto di vista ministeriale, “Ministero dell'Agricoltura e della Pesca”, la pesca che è tutto un altro universo. La pesca, tanto per cominciare, è un mondo che non è basato, non è una cosa in cui coltiviamo delle creature. A parte pochissime eccezioni, noi non alleviamo la maggior parte dei pesci che noi peschiamo. Quindi quello che la pesca è ancora un’ultima, diciamo, rimanda a quello che era la caccia. Quello che c'è che non si può seminare, poi raccogliere quello che si è seminato, si raccoglie quello che c’è sul momento.

Ed è molto difficile se non c' è un'etica dietro quella che è l’attività dei pescatori o un monitoraggio e una gestione, si rischia di poi depauperare il mare, nel ritrovarsi, come diceva Mattia, a pescare tonnellate di pesce, perché se ne trova tantissimo, ma poi non ce n'è più in futuro.

C'è anche molta ignoranza sul fatto che il Mediterraneo è in realtà una ricchezza enorme. Cioè, nel Mediterraneo abbiamo una quantità di specie che possono essere consumate, che possono fare un po' da diciamo da contraltare ad altre specie più consumate che però magari non sono di stagione: se non c’è una specie, ne posso usare un'altra. Nel Mediterraneo questa cosa è fattibilissima perché abbiamo decine e decine di specie; solo che sempre per quella cosa che diceva Mattia, un po' per la pigrizia del consumatore, ma c’è anche poi la abitudinarietà, la pigrizia anche magari degli chef, dei ristoratori, e quindi si viene a creare questo ciclo del cane che si morde la coda, per cui alla fine, nei menu sono sempre presenti le solite quattro specie di cui uno è il tonno che viene dall’oceano Atlantico, i calamari surgelati Patagonia, cioè tutta roba che comunque non centra niente con quello che è il prodotto del territorio, pur essendo una cosa paradossale, pensando al fatto che in Italia siamo così legati a questa territorialità. Cioè, c’è sempre la cosa dell'italiano che si offende a morte se metti la panna nella carbonara, però poi per il pesce non invece non batte ciglio.

[00:19:38] Anna: Certo, certo. Allora, ho notato che hai già incominciato ad introdurre il progetto che stai portando a termine con Worldrise. Quindi il progetto Meroir nel contesto dell’iniziativa SEAstainable. Potresti dirci di più di questa iniziativa? Quali sono gli obiettivi? Quali sono i risultati, ovviamente se ne avete già osservati alcuni? E magari se puoi parlarci un po' dell'impatto che questo progetto e questa iniziativa hanno avuto sul territorio, dato che sono molto localizzati in determinate aree.

[00:20:11] Stefano: Sì, il nostro progetto SEAstainable intanto nasce in realtà molto legato al territorio ligure, proprio perché il suo primo progetto da neonato è stato proprio quello di creare una rete di ristoranti a Genova, quindi proprio localizzati nella città di Genova, che cucinassero pesce, ma che volessero attingere ad un'etica del ristoratore per cui non andavano a utilizzare determinati prodotti, ovvero quei prodotti che, come dicevo prima e come diceva anche Mattia, sono ormai ubiquitari e anche estremamente conosciuti proprio per un po' tutte le dinamiche che sono nate negli ultimi anni, in cui il mondo della cucina ha avuto molti riflettori accesi. Sono stati un po' il centro delle dinamiche mediatiche - il mondo della cucina - tra vari programmi culinari, che però quando si parlava di pesce si riferivano sempre a poco pesce, salmone, tonno, pesce spada…

Quindi nel nostro progetto nella rete dei ristoranti, questi ristoratori hanno scelto proprio di adottare un'etica molto più locale, molto più legata alla stagionalità, senza utilizzare prodotti non locali non sostenibili. E poi da lì è nato come progetto, anche lì, sempre in ambito locale, stiamo creando proprio delle guide del pesce di stagione del Mar Ligure. Questo perché abbiamo visto che comunque i mari italiani non sono tutti uguali: ogni mare ha le sue caratteristiche, ogni mare – anche solo lungo le coste italiane – ha i propri pesci, ha le proprie specie, che hanno la loro stagionalità differente, hanno le loro dinamiche ecologiche differenti. Quindi abbiamo questa guida che può essere utilizzata sia dal pubblico che dai clienti, da chiunque sia interessato a saperne di più. Ma noi poi la distribuiamo, ovviamente, anche all'interno dei ristoranti facenti parte della rete.

Poi come ultimo progetto, quello per cui abbiamo anche coinvolto Mattia, proprio è stato il progetto Meroir. E quello è stato un progetto in questo caso invece suddiviso su due regioni, presente sia in Liguria che in Emilia-Romagna. In questo caso grazie anche all'aiuto del Centro Sperimentale di Tutela degli Habitat, di CESTHA. Questi due poli, proprio perché, come dicevo prima, i due mari (Mare Adriatico e Mar Ligure) sono completamente differenti e quindi era interessante vedere un po' delle dinamiche legate al consumo del pesce e alla pesca in questi due hotspot, potremmo definirli, quasi. Abbiamo proprio portato avanti un lavoro di ricerca legato a coloro che poi alla fine sono i primi a essere legati alla pesca, ovvero i pescatori. Cioè, abbiamo proprio effettuato delle interviste sui pescatori lungo tutta la costa romagnola e lungo tutta la costa ligure, ci abbiamo parlato e li abbiamo conosciuti, abbiamo visto quali sono le loro opinioni, qual è, quali tecniche di pesca più utilizzate, le specie che vanno di più le specie che vanno di meno. Abbiamo un po' fatto tutta un'indagine anche solo per identificare quella che alla fine pensiamo sia un po' il punto focale della pesca sostenibile.

Intanto, la pesca sostenibile esiste (punto di domanda)? Dal nostro punto di vista, sì. Poi, la pesca sostenibile è una pesca soprattutto locale, artigianale, tradizionale, che purtroppo è il tipo di pesca anche più vessata da quelle che sono le dinamiche governative che purtroppo cercano di colpire la pesca industriale che è quella più devastante, però alla fine, a rimettercene purtroppo sono sempre i pescatori tradizionali, quelli più piccoli, quelli che sono proprio i meno impattanti. Anzi, quelli che potrebbero fare da quasi da guardiani, perché alla fine, il pescatore tradizionale, il pescatore locale, è colui che rimane più in contatto con il mare, è colui che vede, come diceva Mattia: “Io vado a nuotare tutti i giorni in un posto e lo vedo a cambiare”… I pescatori, loro per lavoro devono uscire tutti i giorni in mare e quindi sono i primi a vedere le dinamiche del cambiamento, anche essere i primi ad essere anche più sensibili in realtà, perché loro sono i primi a vedere che, quando tirano su le reti, hanno le reti piene di plastica o certi pesci scompaiono… Quindi che gli rende anche più difficile la vita proprio lavorativa.

Quindi con questo lavoro abbiamo proprio visto l'etica del pescatore, che è poi quella che definisce la pesca sostenibile. Perché la pesca sostenibile, abbiamo proprio notato che non è tanto dire “l'utilizzo di questa specifica tecnica, se non quell' altra tecnica”, perché alla fine le tecniche adesso - lasciatemi passare un po’ la parola - quando si dice sull'uso delle armi no che alcuni dicono che non è l'arma che uccide, ma l'uomo che la impugna. E poi è un po’ la stessa cosa. La pesca tradizionale è fatta da un pescatore etico, pur utilizzando magari una tecnica che viene generalmente definita impattante come la rete a strascico, per esempio quello l'abbiamo visto in Emilia-Romagna: c’è un pescatore che ha una rete a strascico estremamente tradizionale proprio molto, molto piccola, con ancora i divergenti in legno, è proprio una roba storica. Quel tipo di rete però è talmente utilizzata in maniera così puntuale, così specifica, e con un impatto così limitato, che non si può definire insostenibile, perché quella è una rete che comunque viene utilizzata con un certo criterio e con intelligenza, oserei dire, un certo ingegno. Invece al tempo stesso, però una tecnica che potrebbe essere definita sostenibile - parlando della Romagna, per esempio, le gabbie da canocchia. Le gabbie da canocchia sono definibili come sostenibili perché sono gabbie che sono fatte proprio per pescare solo le canocchie; quindi, sono estremamente selettive e uno direbbe, beh, allora quella è una tecnica super sostenibile, però qual è il problema? Se il pescatore che le usa non è etico, usare centinaia e centinaia di gabbie da canocchia nello stesso momento, viene da sé che, le canocchie spariscono. Quindi la strumentazione sostenibile etica diventa insostenibile. Quindi è sempre un po', alla fine in questa ricerca siamo un po', arrivati a questa definizione.

[00:25:52] Anna: Quindi la pesca sostenibile esiste, in base al vostro progetto e alle vostre osservazioni. Sappiamo che questa è una domanda particolarmente critica ultimamente, e assolutamente non scontata, e sta qui poi l’importanza di questo progetto. Poi secondo me, un importantissimo elemento che hai giustamente messo in evidenza, Stefano, è il fatto che questo progetto vi ha permesso di comprendere quali sono le caratteristiche della pesca sostenibile nello specifico, perché la pesca sostenibile è una pesca tradizionale, e la pesca tradizionale è una pesca assolutamente legata al territorio. E quindi le caratteristiche della pesca sostenibile tradizionale in Liguria, non sono le stesse della pesca sostenibile tradizionale in Emilia-Romagna. Quindi abbiamo questa figura del pescatore tradizionale, il quale non soltanto mette in pratica una attività di pesca molto meno impattante, grazie alle attrezzature tradizionali e tecniche che sono meno impattanti, ma è anche un pescatore etico, dal punto di vista della mentalità, giusto?

[00:27:01] Stefano: Sì, è certamente proprio la mentalità è proprio perché poi i pescatori, così come in tutte le società umane, partendo dal presupposto che parlare con i pescatori non è sempre semplice, perché il mondo dei pescatori è un'enclave molto chiusa. Sono una società, insomma, che guarda molto con sospetto, soprattutto chi si pone come un'associazione ambientalista. Però nel momento in cui fai capire il fatto che non gli stai andando contro, sono poi molto aperti e sono anche estremamente gentili. Sono molto desiderosi anche di parlare delle loro esperienze e molti di questi, così come ci sono dei pescatori che effettivamente sono un po' dei pirati, definiamoli così, che se quasi se ne vantano di essere dei pilastri di veramente causare dei danni non indifferenti al mondo marino. Ma così ce ne sono anche altri che sono sia molto lungimiranti proprio perché magari sono stati anche i primi a promuovere cose che per la maggior parte dei pescatori viene vista con odio, come le aree marine protette.

Comunque, in Liguria, abbiamo incontrato dei pescatori della vecchissima scuola, insomma, che ormai sono in pensione, che ci raccontavano di come loro comunque avessero già visto lungo riguardo l'istituzione delle aree marine protette. Anche con difficoltà, perché venivano minacciati anche dagli altri pescatori, però erano tra i pochi a sostenere l'istituzione, magari, dell'area marina protetta di Portofino. Sono pochi, ma ci sono come i pescatori giovani, che stanno iniziando ad avere un'altra mentalità, che magari sono abbastanza aperti da ricevere le tradizioni e le tecniche della vecchia scuola, però aperti, con la coscienza del fatto che la pesca tradizionale si deve anche adattare alle nuove realtà, come appunto l'istituzione di zone protette, specie alloctone – come ci diceva Mattia –, ché bisogna un po' cambiare per poter sopravvivere. Quindi ci sono spiragli che danno comunque l'idea che l'etica del pescatore esiste, i pescatori etici esistono e noi con questo progetto abbiamo anche un po' voluto identificarli.

[00:29:06] Anna: Quindi avete voluto mettere in risalto queste personalità. Ho un’ultima domanda per quanto riguarda questo progetto: mi chiedevo infatti come questo progetto venisse ricevuto, o fosse stato percepito anche, da parte delle comunità locali. Ovviamente dal punto di vista dei pescatori mi hai già risposto, in un certo senso, Però mi chiedevo se aveste, appunto, interagito, e in che modo, con altri attori locali.

[00:29:34] Stefano: Guarda, ti dico più che sulla questione degli stakeholder, più che dei portatori di interesse, devo ammettere che, come project officer di un progetto legato alla pesca sostenibile, in realtà, ogni tanto mi sento un po' come il pipistrello o come Balto, che non è cane, non è lupo, sa solo quello che non è. Perché dal punto di vista dei pescatori, ci poniamo come associazione ambientalista e quindi all'inizio abbiamo sempre un po' la schiera di scudi alzati da parte dei pescatori, che ci vedono con diffidenza, ma al tempo stesso anche nel mondo dell'ambientalismo essere a favore della pesca e non sullo stile di Seaspiracy o insomma, di questi documentari, o comunque punti di vista molto più integerrimi e molto più estremisti, noi veniamo visti un po' come i traditori, come coloro che, non voglio esagerare, però a volte riceviamo spesso dei commenti. Come dire ma insomma, voi sostenete la pesca, ma la pesca è malvagia. Quindi siamo un po' in un limbo in cui da un lato l'ambientalismo più estremo ci vede con diffidenza, ma anche i pescatori meno appunto etici, e più tradizionalisti che vedono magari in maniera negativa le aree marine protette, ci vedono con diffidenza, perché comunque siamo sempre un'associazione ambientale.

In realtà, parlando di diretti interessati che invece sono sempre molto volenterosi a conoscerne di più, è proprio il nostro lavoro di sensibilizzazione legato alle scuole alberghiere. Insomma, il mondo della ristorazione nel mondo degli chef che, soprattutto nelle scuole alberghiere, dove gli studenti raramente hanno a che fare con l'imparare come cucinare il pesce. Perché purtroppo nelle scuole alberghiere a parte pochissime, rarissime eccezioni di quelle magari con più disponibilità economica, la maggior parte delle scuole, perché non hanno le capacità, neanche proprio le competenze di base per spiegare ai ragazzi come cucinare i pesci più locali, ma meno sfruttati come quelli che citava Mattia.

Una cosa che ci ha dato molta soddisfazione in questo progetto è stato proprio quello di mettere magari in contatto diretto gli chef, ma quelli che saranno i futuri chef come appunto degli studenti, con magari la realtà dei pescatori, è una cosa che abbiamo fatto in questo progetto era proprio quello di oltre allo show cooking effettuato da dagli chef come nell'esempio di Mattia per Cervia e Porto Garibaldi. A seguito di quello i ragazzi andavano a incontrare direttamente i pescatori dal mercato del pesce proprio perché volevamo un po', creare questo legame fra il pescatore locale e colui che poi potrebbe diventare un futuro, insomma, cliente o comunque colui che potrebbe sfruttare in qualche modo questa nuova conoscenza di questa specie, di questa pesca tradizionale per il suo lavoro futuro. E dal mio punto di vista, di quando ho fatto l’attività in Liguria, sono rimasto molto soddisfatto di vedere i ragazzi della scuola alberghiera così interessati a sentire le storie dei pescatori qui in Liguria nel Ponente, a Genova.

[00:32:34] Anna: Quindi, ecco, questo progetto ha dato la possibilità alle future generazioni di chef italiani di poter discutere con dei pescatori, con dei professionisti appunto nel settore della pesca. Questo è sicuramente un elemento intergenerazionale, un dialogo che dovrebbe esistere e da cui dovrebbero prendere spunto molti settori. Proprio sotto questo aspetto, qual è secondo te il ruolo che, appunto gli chef, o i ristoratori, possono avere proprio nella sensibilizzazione, a loro volta? Quale può essere quindi l'importanza di formare degli chef, che siano più consapevoli e che possano poi anche contribuire al consumo responsabile di prodotti ittici sostenibili da parte poi del consumatore finale?

[00:33:13] Mattia: Allora, io penso che la prima cosa bisognerebbe fare, oltre che una pesca sostenibile, bisognerebbe fare anche una spesa sostenibile. Valutiamo il fatto che i pescatori pescano non per autoconsumo, ma pescano soltanto per rivendere. Se hanno un pubblico che acquista in maniera etica e quindi magari sono più attenti al prodotto finale, sono più attenti in magari anche all'utilizzo di come dicevo prima, di diversificare un po' la propria spesa settimanale o un ristorante che acquista in maniera diversificata, il produttore, cioè il pescatore, è anche lui già incentivato a modificare un pochettino i suoi metodi di lavoro. E quindi questa è la prima cosa. La seconda cosa, che io vedo molto, è una cosa molto semplice che noi possiamo fare dal punto di vista della ristorazione è quello proprio di andare a sostituire alcuni prodotti che magari sono impattanti.

Adesso, io ho collaborato anche con i ragazzi di CESTHA per il discorso e anche con loro per il discorso anche degli squali, la salvaguardia degli squali. Noi abbiamo, nella nostra tradizione, la zuppa di pesce, dove è normale inserire il palombo all'interno della nostra zuppa di pesce. Non ci rendiamo conto che il palombo in realtà è uno squalo e soffre di quella problematica che soffro tutti gli altri squali, quindi magari andare a sostituire, in una zuppa, il palombo con un altro pesce che magari è meno impattante e comunque magari ce n'è in abbondanza nei nostri mari, con un piccolo gesto che è insignificante e al risultato finale della ricetta non crea del disturbo, andiamo a salvaguardare una specie che ci impiega un sacco di anni per diventare maturo, che comunque è anche in via d'estinzione… e quindi già con un piccolo gesto noi siamo in grado di fare una bella differenza. Valorizzare, come dicevo prima, il prodotto locale, quindi anche il discorso della seppia. La seppia è un prodotto che per me e anche parlando con i ragazzi di CESTHA, è un prodotto sostenibile. Ha un metodo di pesca che non è impattante, è un prodotto che comunque si rigenera annualmente, anche lì ha un periodo dove magari è più idoneo a pescarlo, magari non pescarlo quando sono piccole. E so che nella cucina la pezzatura piccola è sempre ben vista, soprattutto nelle seppie, perché tutte le problematiche derivanti dalle cotture sono molto più semplici, quindi hanno, sono più buone in bocca perché vengono cotte un po' meno. Il problema è che però una seppia piccola è una seppia che deve ancora crescere; quindi, stiamo andando a distruggere il mare ancor prima che questo dia i suoi frutti.

Per quanto riguarda invece il discorso dei ragazzi, i ragazzi dell'alberghiero e i futuri chef prendono spunto da quello che vedono dalle persone più grandi. Quindi siamo noi, adesso, io mi prendo come persona molto grande, ma in realtà sono ancora spero ancora giovane… però vedo che i ragazzi prendono molto spunto da quello che tu gli fai vedere, quello che tu acquisti o come tu utilizzi un prodotto; quindi, sei tu che devi dargli l'esempio. Quindi se tu sei già predisposto per insegnargli il rispetto del mare, il rispetto della materia prima, ma anche rispetto della materia prima sotto il punto di vista del di come la tratti, di come la maneggi, di come la conservi, non acquistare in eccesso, non fare degli scarti, cercare di utilizzare un prodotto a trecentosessanta gradi… hai già creato una persona che un domani sarà un po' più rispettoso di quello che è la materia prima e del mare. Perché consideriamo che io, dal punto di vista ristorativo, un pesce ha più del cinquanta per cento di scarto. Quindi se noi andiamo analizzare parte dal punto di vista del costo - che già il pesce non è economico -, ma in più abbiamo un cinquanta percento che va nel bidone. Se noi questo cinquanta percento riusciamo a valorizzarlo e cercare di creare un ritorno economico dal punto di vista ristorativo, ma anche un ritorno anche di prodotto, fa da sé che ne avremo bisogno sempre meno e riusciremo soprattutto a utilizzare quel prodotto che noi acquistiamo a trecentosessanta gradi. Quindi sia per fare dei brodi, sia per fare, non so, con le interiora si possono fare delle zuppe, si possono fare le bottarghe con quello che sono le uova, con le guance si possono fare delle preparazioni in umido… cioè, si può utilizzare, si può utilizzare praticamente tutto del pesce. Basta soltanto, come dicevo prima, avere la voglia di mettersi in gioco, avere la voglia di investire il proprio tempo. È un concetto che bisogna portare avanti dal punto di vista della cucina.

[00:37:22] Anna: Ma a questo punto mi chiedevo se avessi iniziato a notare un cambiamento, un trend positivo, verso una maggiore sostenibilità, una maggiore cura nella scelta della materia prima da parte degli chef, da parte dei ristoratori. Cioè, vedi soprattutto che magari gli chef più giovani ritornano un po’ alla cucina più legata alla tradizione, per poter scegliere dei prodotti che siano appunto più sostenibili?

[00:37:50] Mattia: Io vedo molto che i ragazzi giovani sono più attenti a livello etico del rispetto del mare. Un po' perché forse evidentemente questo sforzo che abbiamo fatto per dare un messaggio è servito. Però vedo anche molta ristorazione - io parlo sempre dal punto di vista ristorazione perché è il mio ambiente - molto improvvisata. Nel momento in cui c’è una ristorazione improvvisata non si ha, quello che dicevo prima, la conoscenza delle materie prime, e quindi tutto quello che è il discorso etico, discorso del prodotto del nostro territorio va in malora, perché poi la gente va su quello che è più facile da cucinare, più veloce, più immediato. I ragazzi, vedo che hanno stanno approcciando un discorso del pesce, come dicevo prima a trecentosessanta gradi, ma non tanto per curiosità, ma più che altro per moda. Adesso c’è la moda della frullatura del pesce, la moda dell'uso delle interiora del pesce, che è una moda che sarà passeggera perché tanto, nella ristorazione ci sono, ogni anno ci sono delle mode… Allora, chi lo fa fatto bene, lo fa perché ha conoscenza, ha studiato, perché crede in quello che sta facendo. Ma purtroppo tanti ristoranti non lo fanno dal punto di vista etico o dal punto di vista logico, lo fanno soltanto perché fa scena. Viviamo dei periodi di moda e che durano quei due tre anni e poi svaniscono. Quindi chi lo fa in maniera proprio coscienziosa, continuerà a portare avanti la sua idea e porterà sicuramente vantaggio. Chi lo fa invece così giusto perché fa figo, allora finirà a breve questa cosa. Comunque io penso e ribadisco che dobbiamo cercare di aiutare il consumatore finale, ma non il consumatore il ristoratore, ma più che altro proprio il cliente finale a fare un acquisto etico, perché la catena che viene prima è tutta derivante dal consumatore finale.

[00:39:47] Mattia: Quindi dobbiamo essere molto attenti al consumatore finale, a fargli capire l'importanza del prodotto tradizionale della tradizione e di quello che sono, soprattutto i prodotti che crescono il nostro mare e quelli che non crescono il nostro mare.

[00:40:01] Anna: Ci deve essere consapevolezza da parte di tutti coloro che poi entrano a contatto con la tua cucina, e quindi anche e soprattutto il consumatore finale che è appunto il tuo cliente.

Allora ragazzi, siamo in chiusura però, dato che abbiamo parlato di giovani e di generazioni future, e dato che Stefano tu lavori in un'organizzazione che è fondata da giovani, ma che è anche dedicata ai giovani, io mi chiedevo se potessi condividere anche tu un tuo pensiero riguardo proprio al ruolo e all’importanza dei giovani nella protezione ambientale in generale e poi nello specifico nella protezione del Mar Mediterraneo; stai osservando anche tu un trend verso una maggiore una maggiore attenzione da parte dei giovani verso le problematiche ambientali che caratterizzano questo grande mare?

[00:40:50] Stefano: Sì, sì, certamente. Diciamo che il ruolo dei giovani, soprattutto proprio in questo mondo dell’associativismo, lo possiamo vedere anche un po' con l'esempio più famoso e più lampante un po', di Greta Thunberg.

Avere un'associazione che è formata sia da persone con una certa esperienza, comunque, ovviamente, ma la cui base è formata da persone, da giovani che possiedono una diversa energia, una diversa positività, un diverso modo di approcciarsi a questi temi, è sicuramente molto stimolante, nel momento in cui si ha la coscienza di dire che si è giovani, quindi con tanta creatività, tanta voglia di fare, però sempre aperti a imparare da chi ne sa di più. Cioè, se si mantiene questo equilibrio tra l'energia, la creatività del giovane, più il desiderio, insomma l'apertura mentale nell’accettare gli insegnamenti da parte dei più grandi, è sempre un mix abbastanza vincente.

[00:41:49] Anna: E ricordarci che non smette mai di imparare. Quindi dobbiamo sempre cercare un confronto costruttivo con le altre generazioni. Grazie mille. Io vorrei chiudere il nostro episodio facendovi una domanda che noi poniamo spesso agli ospiti di IOCS. La domanda è: se potessi scegliere un messaggio sul Mar Mediterraneo da poter condividere con i nostri ascoltatori, quale sarebbe questo messaggio? Iniziamo da Mattia.

[00:42:18] Mattia: Allora, io, il mio messaggio è quello di vivere il mare in modo tale che si riesce a vedere coi propri occhi quell’energia che riesce a dare e soprattutto si riesce a veramente a vivere quello che ci vuole comunicare. Perché il mare cambia in continuazione, cambia l'energia, riusciamo a percepire veramente quello che il mare ci vuole comunicare, quindi sia quando è arrabbiato sia quando è inquinato, che purtroppo lo vediamo cambiare sotto i nostri occhi. Quindi se noi viviamo il mare, usciamo in mare, riusciamo a respirare questa energia e poi quando torniamo a terra continuiamo a comunicare questa energia nei nostri piatti o in quello che mangiamo, o anche nella nostra giornata quotidiana.

[00:43:02] Stefano: Io volevo esprimere quello che è stato l'insegnamento che ho ottenuto da questo lavoro fatto insieme a malattia nell'ambito di Meroir. Quello che ho imparato da questo lavoro, entrando in contatto con i pescatori è stato anche un po' il valore dell'umiltà, di capire proprio la frase, quando si dice “chiunque può diventare il tuo maestro”. Questi pescatori, che di solito vengono rappresentati come la categoria un po' più umile di lavoratori nell'ambito marino, in verità, parlando con loro, ho appreso come loro siano i primi in realtà, ad essere innamorati del mare, ma che hanno scelto un'altra strada per rimanere sempre costantemente in contatto con questo elemento naturale, e che il più delle volte ci sorprende come parlando con loro, spesso siano anche molto più sul pezzo e  magari conoscano molto di più il mare rispetto a chi, come me o come altri, che l'abbiamo imparato solo sui libri. E loro invece lo vedono tutti i giorni.

E questo va un po' insegnato il fatto che, prima cosa, non giudicare il libro dalla copertina; e poi, imparare un po' questo universo così aperto, anche perché poi la comunità dei pescatori, vi dicevo prima sembra molto chiusa, ma poi, nel momento in cui si apre, si scopre come in realtà tra di loro siano quasi una sorta di fratellanza che non vede mai in faccia a chi c’è davanti. Cioè, i pescatori possono essere siciliani, liguri, alla fine sono tutti pescatori, quindi si vedono tutti come una grande famiglia, che ovviamente può avere gli screzi interni, come tutte le famiglie però, che alla fine si sostengono sempre a vicenda.

[00:44:33] Anna: Quindi c' è anche questo senso di condivisione di un'unica grande risorsa, no? Di un unico grande oceano, che unisce tutti i mari.

[00:44:41] Stefano: Sono i primi a vedere il fatto che il mare non ha confini. Il mare. Tutte le cose che vengono toccate dal mare sono tutte unite.

[00:44:50] Anna: Grazie Mattia e Stefano e per oggi è tutto. Io vi ringrazio per aver condiviso le vostre idee per averci lasciato così tanti spunti di riflessione, non soltanto sul mondo della cucina e del consumo responsabile dei prodotti ittici, ma anche su quello della pesca sostenibile. Le vostre storie ed esperienze, secondo me, hanno davvero arricchito questa stagione di If Oceans Could Speak, completamente dedicata al mar Mediterraneo.

[00:45:17] Anna: Questo podcast è offerto dai membri della EU4Ocean Coalition, ed è stato realizzato dal team di produzione “If Oceans Could Speak”. È diretto da Anna Saito, co-organizzato da Penny Clarke e Arne Riedel, co-presentato e curato da Stefan Kirchner, Jen Frier, Vera Noon, Agnes Norha, Pierre Strosser, Francisco Lopez Castejon, e da me, Anna Maria Marino. Noi vi ringraziamo per l’ascolto e torneremo la prossima settimana con una nuova storia sul mar Mediterraneo, in lingua araba. Se vorrete seguirla, ci saranno una trascrizione ed una traduzione in lingua inglese, ed io vi raccomando vivamente di farlo. Se l’oceano avesse una voce, cosa vi direbbe?


### ENGLISH ###

[00:00:00] Mattia: So, if we experience the sea, we go out to sea, we are able to breathe in this energy and then when we come back to land, we continue to communicate this energy in our dishes or in what we eat, or even in our daily lives.

[00:00:15] Anna: Welcome to this episode of If Oceans Could Speak. I am Anna, and with this podcast I would like to take you on a journey to discover the most inspiring and often unheard stories about the ocean, told directly by our guests. By sharing these conversations with you, we hope to inspire and enthuse you, but we would also like to lead you to reflect on your own personal relationship with the ocean.

In this second season of IOCS, we will be looking at perspectives from the Mediterranean Sea, and today in particular we are delighted to introduce two fantastic guests with whom we will be discussing sustainable food and flavours from the Mediterranean Sea. We have with us today Stefano Pedone and chef Mattia Borroni. Stefano is a project officer at Worldrise, where he coordinates the SEAstainable project on sustainable fishing and seafood consumption. Worldrise is a non-profit organisation founded by young professionals related to marine science who dedicate their activities to young people. Worldrise aims to protect and enhance the marine environment through training and awareness-raising projects. Mattia, on the other hand, discovered his passion for cooking at the age of 11. Today he is a talented young chef and works at Alexander, a historic cinema in the heart of Ravenna that was converted into a restaurant in 2002. Passion, improvisation and common sense are important qualities that accompany him in the kitchen. Mattia is a member of Worldrise's Meroir project, coordinated by Stefano.

Hello to you both and welcome to this episode.

[00:01:50] Mattia: Hello!

[00:01:51] Stefano: Hello!

[00:01:52] Mattia: Thank you for the invitation.

[00:01:53] Stefano: Thank you very much.

[00:01:54] Anna: So I would start with a few questions to introduce your story in the first person. Starting with Stefano, Stefano what is the story that ties you to the Mediterranean Sea, and what led you to want to protect the Mediterranean Sea and therefore to dedicate yourself to environmental protection? We know very well that it is not always an easy task.

[00:02:15] Stefano: My history that ties me to the Mediterranean is quite ancestral, so to speak, for the simple fact that, being born in Liguria, I have always been in touch with the Mediterranean Sea. Even as a child, my sensations that bring me back [to the sea], a bit like my Proust's madeleine, is the smell of the sea, the saltiness, the salt on my skin. So the sea has always been a part of me.

Then I have to admit that what allowed me to grow professionally, what set me on my path right away was also my curiosity, which my parents, luckily, have always supported. Having a geologist father, he immediately understood what it meant when he saw a son so curious about the natural world. So, they always supported me in nurturing this continuous curiosity of mine, which on the one hand also meant – unfortunately for them – paying a monthly fee with the Genoa Aquarium. Since I was a child, every month I would ask to go and visit it, so it was a not inconsiderable expense, more than the university fee. Then, of course, I decided from an early age that I would become a marine biologist. But you have to admit the fact that, although I had pursued this direction of mine, this passion of mine, in a very linear way, then when you find yourself towards the end of university, not really knowing what path to take, I had not thought at all about the path of associationism, that is, the third sector of non-profit organisations. I was thinking a bit like everyone else about dedicating myself to the world of university research. Then I actually met Mariasole Bianco, who is the founder of Worldrise, I met her by chance in a course on naturalistic communication, and at the end of this course, which was very educational and very interesting, she presented Worldrise, which at the time was still very young as an association, and from there I decided that I would do that, that I would enter this world.

[00:04:13] Anna: OK Great, so we can say that you started following Worldrise almost from the very beginning. Now I would say let's ask Mattia to tell us a bit about your relationship with the sea: do you have a particular memory, or an experience related to the Mediterranean Sea that you could share with us and that has marked your path and determined your passion?

[00:04:39] Mattia: Let's say that for me the passion for the sea came first, and then the passion for cooking came later, also because I was born and raised at sea. In fact it is still one of the things that gives me the most excitement, because my passion outside of cooking, which is my job, is scuba diving, sailing... I own a sailboat; therefore, I am the owner of a sailboat. So the fact that I moved from Milan to a city by the sea... that means a lot. I have my grandparents on my mother's side who are of Marche origin. We have a house on the Conero Riviera and this strong influence of the sea has always been present in my life, ever since I was even a little boy. Every year I couldn't wait to get to the Conero coast to go diving. And my big dream was to own a boat. Now, as I grew up, I have bought a sailboat and fulfilled my maritime dream.

This also led me to be very curious, just about the level of seafood we have in our area or in our culinary world in general. And it was that springboard that gave me the strength and continuity to try to find ways to improve more and more, and to use more and more products that are a bit more hidden, in the sense that people use them a bit less. Because unfortunately, cuisine is becoming very, let's say a one-track road, where people always use those four or five products and the market then obviously, since it has to play by the rules of the game a bit, only supplies those four or five products. And so it becomes a bit more difficult, a challenge really, to try and find products that are a bit more forgotten, a bit more unusual, which, in the end, are not unusual, because if we go back to twenty years, thirty years or fifty years ago, they were products that we would use all the time in our daily life, but unfortunately now they have been very much forgotten. My curiosity has led me every time to improve myself more and more, and improving myself has also led me in my working life to have gratifications at the national or even territorial level. So this is a great satisfaction. All this, I owe to the sea, to my curiosity to know what is above the sea, but most importantly, what is under the sea. I returned yesterday after a dive, because I have this very need to touch, to fully immerse myself in the sea. And by the way, this very thing here of being physically connected to the sea makes me realise more and more every year how important it really is - that's why I also supported this project with them [Worldrise] - just how important it is to try to enhance it, to try above all to respect it.

Because when you go diving in the same spot all the time you realise, year after year how much there is this big change. Because people see it out of the water, because it's in everyone's eyes, so maybe pollution and deforestation and stuff like that. But they don't realise that underwater it's the same, only a few people see that. So, this thing here makes me be a bit more careful even in the choice of raw materials.

[00:07:43] Anna: That is very true, thank you. Then especially when we talk about climate change, we often tend to think of a whole series of phenomena that are happening under our eyes, so above the surface of the sea. And instead, unfortunately there are so many problems, and so many changes happening in the marine ecosystems. I wanted to ask you, if you say that the love for the sea came first and then the love for cooking, then what sparked it off? And what made you say “Ok, I want to pursue this career and in my life I want to be a chef.”?

[00:08:17] Mattia: I always say that my passion for cooking was born a bit of a necessity, in the sense that I am not a son of art - which in this world is a bit difficult because usually a lot of people become passionate about cooking or become cooks because maybe they have parents who have passed on a love or have very strong traditions. But that's not the case for me. I have always loved manual things. So ever since I was little, I was doing handicrafts with wood, doing everything that involved my manual creativity. And in the kitchen I found myself in this world. I started very early on, precisely because I wanted to see if it was my path. A lot of young people today do hospitality school because they think it's a school that doesn't require you to have your own skills. But I attended hospitality school precisely because I was aware that I wanted to do that school, and not because I had no idea what to do. So before I went to hospitality school, I worked for some time in a restaurant of a friend of mine - by the way, a very good one, and I have to thank him for putting me in the haute cuisine business - to see if it was actually what I wanted to do. And from there I decided to go to hospitality school, working while I went to school. This allowed me to, let's say, fast forward, because I started working very early, I started being a chef very early. Now I am 31 years old, I have been working for 15 to 16 years. I say I'm almost already fed up - no, I'm joking. But it has given me the opportunity to experience a lot more than other people who maybe started working at twenty, twenty-two.

In our work knowledge is very important, and above all experience, and therefore the more years of experience you have, the more sensitivity you have in dealing with raw materials or even just knowing what the customers' needs are. You are in contact with a lot of people on a daily basis, so you also have to have that sensitivity to be able to understand what a customer wants, how you can propose it to them, never to risk too much, because in our world of work, then at base, our job is to sell a product to someone. If there is no one, it's a hobby and no longer a job. So the more you go on, the more experience you have from that point of view there. And also the more products then you can handle. So, as we were saying before, if products that are maybe a bit more unusual, then people find it hard to use them because maybe they need a little bit more care, maybe more processing, maybe more knowledge to be able to use some products that can be called poor fish or poor products. And maybe they resort to products that are easier, the cooking is much easier. I guess, I take the simple example of tuna: why is yellowfin tuna consumed in all the restaurants of the world? Because it is not too expensive, it is very easy to cook, it is good, everyone likes it. Then I see it differently, to use a crab, to use a “tracina”, or even just an anchovy or “sarda”: there is a fishbone, it has a stronger taste, so people tend to like it a little less... You have to make an effort to find the best way to use it and try to cook it properly. A lot of people are maybe a bit lazy, or maybe they just lack the experience to be able to use a product in the best way.

[00:11:33] Anna: So, on the one hand, you still need to have the passion and the willingness to experiment with different products, but on the other hand you also need a lot of practice in order to be able to devote yourself to preparations that are a bit more complex, but which allow the consumption of a product that is much more sustainable, that is much less impactful than more commercialised fish products. Why do you think it is important to talk about the sustainability of seafood products, especially when we turn to Mediterranean cuisine?

[00:12:07] Mattia: So, I think it is important to have the raw material, to look for it to be ethical, for two reasons, let's be honest. Firstly, for a more personal, slightly more selfish reason: for our tradition. That is, our maritime tradition used products that we don't use today. As I was saying before, swordfish tuna that arrives from the other side of the world or frozen cuttlefish and squid (which we find in ninety-nine percent of the places on the Riviera), is not tradition. So, since we are a people, especially we Romagna people, very attached to our tradition, when we talk about tradition we must also talk about traditional fish, fish that grows here, the fish that our grandparents actually used to make fried fish. Otherwise, that is just business and does not go hand in hand with tradition. The use of poor fish gives you the possibility of, first of all, avoiding the intensive fishing of other types of fish that may suffer when they are caught, but not suffer in terms of animal suffering, but precisely in the sense that if we catch, I'll give you a silly example, if we catch all the sea bass in the Mediterranean, it goes without saying that after a while there is no sea bass left. So if, instead of catching them all, we catch, I don't know, a certain portion of those, and then we dedicate ourselves to perhaps catching other fish that are more sustainable, both from the point of view of the type of fishing - Stefano will do better in specifying these things - and above all to diversifying what we find on the market. And right now, restaurant workers like myself are suffering from a lack of catch. Because the market is unfortunately only going in one direction. I want to make a menu, I struggle to find fresh raw material that comes from our sea. But why? One, because there is little of it; but, secondly, because the market is not asking for it. If nobody asks for, say, the weever fish, they don't even catch it; if they do catch it, they throw it back into the water as it is, because for them it is a fish that has no market. If, on the other hand, people started asking for a tracina, or asking for zanchetti, they would have a market, and this market would perhaps bring the price of sea bass or ombrine down a little, and perhaps they would have a slightly bigger market with the other type of fish called poor fish.

Especially in the fishing techniques. Some fish maybe need to have fishing techniques that are a bit more invasive and others a bit less invasive. As we did when we did the show cooking in Cervia: we used, for example, rapane or murex, which are products that are part of our tradition, abandoned because they are a bit tricky to clean, to tell the truth, the blue crab, which is a crab that is not ours, but is becoming a traditional product. Fishermen no longer find the acquadella, the mullet, for example, but they find a lot of blue crabs. So that is also becoming a traditional product. We have to adapt a little bit to climate change, to changes, even in our tradition, and above all try to use products that come from our sea or from our market, because at least in this way we also stimulate our economy a little bit.

[00:15:10] Anna: So, that is why it is so important in the Mediterranean to talk about sustainable fish products, i.e. both from the point of view of revaluing some products that are already part of the tradition but are somewhat forgotten, precisely the so-called poor fish, but also to focus on the variety that characterises our Mediterranean Sea…

[00:15:31] Mattia: Especially on seasonality. Also because we are very careful about seasonality, for example, of fruit and vegetables. But no one would ever dream, in January or even earlier in December, of eating strawberries because everyone would tell you that you’re crazy. But then in January people ask for mussels, and there are no mussels in January. It is counterproductive: you go and get a product that is not good, a product that maybe comes from the other side of the world, because you absolutely have to include mussels in your menu. And unfortunately, seasonality fish-wise is much less well known than seasonality can be for fruit and vegetables, because a good marketing job has been done precisely on the seasonality issue [of fruits and vegetables] and on fish maybe a little less. So people don't know which is the period of the cuttlefish, which is the period of the mussel, which is the period of the oily fish. That is a bit disappointing.

[00:16:20] Anna: OK, perfect, so it is very important to make the public more aware of the importance of seasonality, even in this sector. And if I'm not mistaken, Worldrise also works on this public awareness, right, Stefano? I wanted to ask you the same question, i.e. why is it so important to talk about sustainability, also, of course, from your point of view?

[00:16:43] Stefano: And I agree with everything Mattia said, precisely because our work, and with our SEAstainable project, is precisely related to the fact that we are noticing, at least we are noticing the fact that consumers who are the general public have precisely this lack of information, ignorance, but because there is little communication about it, precisely about what is the world of fishing and the world of fish products.

People are accustomed, but also just as a matter of convenience of the fruition of the product, if only because of the constant presence on TV of agriculture, animal husbandry, and certain types of products - as Mattia said, the seasonality of fruit, the seasonality of vegetables -, even if only from the point of view of the consumption of farmed animals. Farmed animals can be counted on the fingers of one hand: the pig, the cow, the chicken, the sheep. Whereas fishing is a whole other world. Fishing, even though it is always connected from a ministerial point of view, 'Ministry of Agriculture and Fisheries', fishing is a whole other universe. Fishing, to begin with, is a world that is not based on growing creatures. With very few exceptions, we do not breed most of the fish that we catch. So what fishing is still a last, let's say, refers back to what hunting was. You do not reap what you have sown, you reap what you can find on the spot. And it is very difficult if there is no ethics behind what fishermen do, or monitoring and management, you risk then depleting the sea, in finding yourself, as Mattia was saying, catching tons of fish, because you find a lot, but then there is no more in the future.

There is also a lot of ignorance about the fact that the Mediterranean is actually thought to be an enormous wealth. In other words, in the Mediterranean we have a quantity of species that can be consumed, which can act as a sort of counterbalance to other more commonly consumed species that are perhaps not in season: if I cannot find one species, I can use another. In the Mediterranean this is feasible because we have dozens and dozens of species; It's just, because of what Mattia was saying, a little bit of consumer laziness, but then there is also the habit, the laziness of chefs and restaurateurs, therefore creating this cycle of a dog biting its own tail because in the end, menus always feature the usual four species, one of which is tuna from the Atlantic Ocean, Patagonian frozen squid, in other words, all products that in any case has nothing to do with what is a product of the territory. After all, it is a paradox considering the fact that in Italy we are so tied to this territoriality. I mean, there's always this picture of the Italian who is offended if you put cream in a carbonara, but when it comes to fish traditions, he doesn't even blink.

[00:19:38] Anna: Sure, sure. So, I noticed that you have already started to introduce the project that you are carrying out with Worldrise. So, the Meroir project in the context of the SEAstainable initiative. Could you tell us more about this initiative? What are the objectives? What are the results, if you have already seen some of them? And maybe if you can explain a little bit about the impact that this project and this initiative has had on the territory, since they are very localised in certain areas.

[00:20:11] Stefano: Yes, our SEAstainable project in the meantime was actually born very much linked to the Ligurian territory, precisely because its first project when it was born was precisely to create a network of restaurants in Genoa, so precisely located in the city of Genoa, that cooked fish, but who wanted to draw on a restaurateur's ethics so they would not use certain products, i.e. those products that, as I said before and as Mattia also said, are now ubiquitous and also extremely well known precisely because of all the dynamics that have arisen in recent years, in which the world of cooking has had a lot of spotlights shone on them. The culinary world has been at the centre of the media dynamics, among various culinary programmes which, however, when talking about fish, always referred to just a few fish species, namely salmon, tuna, swordfish...

So, in our project, in this network of restaurants, restaurateurs have chosen precisely to adopt a much more local ethic, much more linked to seasonality, without using non-local, non-sustainable products. And then from there, as a project, again in the local sphere, we are creating our own guides to the seasonal fish of the Ligurian Sea. This is because we have observed that Italian seas are not all the same: each sea has its own characteristics, each sea, even just along the Italian coast, has its own fish, has its own species, which have their own different seasonality, have their own different ecological dynamics. So we have this guide that can be used by both the public and customers, by anyone interested in learning more. But we then distribute it, of course, also within the restaurants that are part of the network.

Then as the last project, the one we also involved Mattia in, was the Meroir project. And that was a project in this case instead spread over two regions, present in both Liguria and Emilia-Romagna, in this case also thanks to the help of the Experimental Centre for Habitat Protection, of CESTHA. These two poles, precisely because, as I was saying before, the two seas (Adriatic Sea and Ligurian Sea) are completely different, so it was interesting to see some of the dynamics related to fish consumption and fishing in these two hotspots, so to speak. We really carried out field research work related to those who are ultimately the first to be linked to fishing: they are the fishermen. That is, we actually carried out interviews with fishermen all along the Romagna coast and all along the Ligurian coast, we talked to them and got to know them, we saw what their opinions are, what fishing techniques are most used, the species that go the most and the species that go the least. We kind of did a whole survey just to identify what we ultimately think is kind of the focus of sustainable fishing. First of all, does sustainable fishing exist (question mark)? From our point of view, yes, it does. Then, sustainable fishing is mainly local fishing, traditional artisanal fishing, which unfortunately is the type of fishing that is also the most harassed by the governmental dynamics that unfortunately try to hit industrial fishing, which is the most devastating, but in the end, it is always the traditional fishermen, the smaller ones, who are negatively affected, the ones who are the least impacting. Indeed, the ones who could almost act as guardians, because in the end, the traditional fisherman, the local fisherman, is the one who stays most in touch with the sea, is the one who sees, as Mattia said: "I go swimming every day in a place and I see it changing", the fishermen, they have to go out into the sea every day for work and so they are the first to see the dynamics of change, even being the first to be more sensitive actually, because they are the first to see that, when they pull up their nets, they have nets full of plastic or certain fish disappear... So that also makes their own work life more difficult.

So, with this work we have really seen the ethics of the fisherman, which is what defines sustainable fishing. Because sustainable fishing, we have really noticed that it is not so much saying 'the use of this specific technique, if not that other technique', because in the end the techniques now - let me pass it on a bit - when you say about the use of weapons no that some say that it is not the weapon that kills, but the man who wields it. And then it is kind of the same thing. Traditional fishing is done by an ethical fisherman, even though he may be using a technique that is generally defined as impactful such as the trawl net, for example we have seen that in Emilia-Romagna: there is a fisherman who has an extremely traditional trawl net that is very, very small, with wooden otter boards, it is really a historical thing. That type of net is used in such a punctual, specific manner, and with such a limited impact, that it cannot be defined as unsustainable, because that is a net that is in any case used with a certain criterion and with intelligence, dare I say it, a certain ingenuity. At the same time, however, a technique that could be defined as sustainable - speaking of Romagna, for example, the mantis shrimp cages. The mantis shrimp cages can be defined as sustainable because they are cages that are made specifically to fish just the mantis shrimp; therefore, they are extremely selective and one would say, well, then that is a super sustainable technique. But where is the problem? If the fisherman who uses them is unethical, e.g. using hundreds and hundreds of mantis shrimp cages at the same time, it goes without saying that the mantis shrimps disappear. So, ethical, sustainable gear becomes unsustainable. So, in the end in this research we arrived at this definition.

[00:25:52] Anna: So sustainable fishing exists, based on your project and your observations. We know that this is a particularly critical question lately, and one that cannot be taken for granted, and therein lies the importance of this project. Then in my opinion, a very important element that you have rightly highlighted Stefano, is the fact that this project has allowed you to understand what the characteristics of sustainable fishing are, in a specific way, because sustainable fishing is traditional fishing, and traditional fishing is fishing that is absolutely linked to the territory, and therefore the characteristics of traditional sustainable fishing in Liguria are not the same as traditional sustainable fishing in Emilia-Romagna. So, we have this figure of the traditional fisherman, who not only practises a much less impactful fishing activity, thanks to traditional equipment and techniques that are less impactful, but is also an ethical fisherman, from the point of view of their mindset, right?

[00:27:01] Stefano: Yes, it is certainly the mentality, precisely because fishermen, as in all human societies… Talking to fishermen is not always easy, because the world of fishermen is a very closed enclave. They are a society, in short, that looks very suspiciously at those who pose as environmentalists. But the moment you make it clear that you are not going against them, they are then very open and they are also extremely nice. They are also very eager to talk about their experiences, and many of them, just as there are some fishermen who are actually a bit of a pirate, let's call them that, who if they almost brag about being pillars of really causing a lot of damage to the marine world. But so there are also others who are both very forward-looking precisely because they may even have been the first to promote things that most fishermen view with hatred, such as marine protected areas.

In Liguria, we met some fishermen from the very old school, practically retired, who told us how they had already seen ahead with regard to the establishment of marine protected areas. Even with difficulty, because they were also threatened by the other fishermen, but they were among the few who supported the establishment of, perhaps, the Portofino marine protected area. They are few, but there are like young fishermen, who are starting to have a different mentality, who are perhaps open enough to receive the traditions and techniques of the old school, but open-minded, with an awareness of the fact that traditional fishing must also adapt to new realities, such as the establishment of protected areas, allochthonous species, as Mattia told us, because you have to change a bit in order to survive. So there are glimmers that still give the idea that the ethics of the fisherman exist, the ethical fishermen exist, and we have also wanted to identify them a little bit with this project.

[00:29:06] Anna: You wanted to highlight these personalities. I have one last question regarding this project: I was wondering how this project was received, or even perceived, by the local communities? Obviously, you have already explained what the fishermen's point of view is, but I was wondering if you had interacted, and in what way, with other local actors.

[00:29:34] Stefano: Look, more on the issue of stakeholders, I have to admit that, as a project officer of a project related to sustainable fishing, I actually sometimes feel a bit like the bat or like Balto, who is neither a dog, nor a wolf, he just knows what he is not. Because from the fishermen's point of view, we are considered as an environmental association, and so at the beginning we always have a shield raised by the fishermen, who view us with distrust; but at the same time, even in the world of environmentalism, to be in favour of fishing and not in the style of Seaspiracy, basically much more upright and much more extremist points of view, we are seen a bit as traitors, as those who, I don't want to exaggerate, but we often receive comments like “you support fishing, but fishing is evil”. So we are in a bit of a limbo in which, on the one hand, the most extreme environmentalists view us with distrust, but also the less ethical and more traditionalist fishermen, who perhaps view marine protected areas negatively, view us with distrust, because we are still an environmental association.

Actually, speaking of direct stakeholders who are always very keen to learn more, I think about our outreach work related to hospitality schools. In short, the world of catering and the world of chefs, especially in hospitality schools, where students rarely have anything to do with learning how to cook fish. Because unfortunately in hospitality schools, apart from a very few, very rare exceptions of those perhaps with more money, most schools do not have the skills, not even the basic skills to explain to the students how to cook the more local, less exploited fish such as those Mattia mentioned.

One thing that gave us great satisfaction in this project was precisely that of putting the chefs, but those who will be the future chefs, such as students, in direct contact with the reality of fishermen, and one thing we did in this project was to go beyond the show cooking carried out by the chefs, as in the example of Mattia for Cervia and Porto Garibaldi. Following that, the guys went to meet the fishermen directly at the fish market precisely because we wanted to create this link between the local fisherman and the person who could then become a future, in short, customer or in any case the person who could somehow exploit this new knowledge of this species, of this traditional fishery for his future work. And from my point of view, from when I did the activity in Liguria, I was very pleased to see the kids from the hospitality school so interested in hearing the stories of the fishermen here in Liguria in the west, in Genoa.

[00:32:34] Anna: So, here you go, this project has given future generations of Italian chefs the opportunity to discuss fishermen, with professionals in the fishing sector. This is certainly an intergenerational element, a dialogue that should exist, from which many sectors should take inspiration. In this respect, what role do you think chefs, or restaurateurs, can play in raising awareness? So what can be the importance of training chefs who are more aware and who can then also contribute to the responsible consumption of sustainable seafood products by the end consumer?

[00:33:13] Mattia: I think that besides sustainable fishing, the first thing that should be done is sustainable spending. Let's consider the fact that fishermen fish not for self-consumption, but only to resell. If they have a public that buys in an ethical manner and therefore maybe they are more attentive to the final product, they are more attentive in maybe diversifying their weekly shopping a little bit or a restaurant that buys in a diversified manner, the producer, that is the fisherman, is also already incentivised to change a little bit his working methods. So that is the first thing. The second thing, which I see very much, is a very simple thing that we can do from the catering point of view is to go and replace some products that are perhaps impacting.

Now, I have also collaborated with the guys from CESTHA and also with them for the discourse on sharks, the preservation of sharks. We have, in our tradition, fish soup, where it is normal to include the dogfish in our fish soup. We don't realise that the dogfish is actually a shark and suffers from the same problems that all other sharks suffer from, so perhaps replacing the dogfish in a soup with another fish that may be less impactful and in any case is abundant in our seas, with a small gesture that is insignificant and does not harm the final result of the recipe, we are safeguarding a species that takes a lot of years to become mature, which is also endangered... and so already with a small gesture we are able to make a big difference. Valuing, as I said before, the local product, hence also the discussion around cuttlefish. The cuttlefish is a product that for me, and also talking to the guys at CESTHA, is a sustainable product. Its fishing method is not impactful, it is a product that regenerates itself annually, even though there is a period where maybe it is more suitable to fish it, maybe not to fish it when they are small. And I know that in the kitchen the small size is always appreciated, especially in cuttlefish, because cooking them is much easier, so they taste better in the mouth because they are cooked a bit less. The problem is, however, that a small cuttlefish is a cuttlefish that still has to grow; therefore, we are going to destroy the sea even before it bears fruit.

On the other hand, as far as the youth are concerned, the future chefs take their cue from what they see from the older people. So, it's us, now - I take myself as an adult person, but actually I'm still young, I hope… -, I see that the kids take a lot of cues from what you show them, what you buy or how you use a product; so, it's you who has to give them the example. So if you are already predisposed to teach them respect for the sea, respect for the raw material, but also respect for the raw material from the point of view of how you treat it, how you handle it, how you conserve it, don't buy in excess, don't make waste, try to use a product to the fullest… then you have already created a person who, one day, will be a little more respectful of the raw material and the sea. Because let's consider that, from the restaurant point of view, a fish has more than fifty per cent waste. So, if we go and analyse part from the point of view of cost - fish is already not that cheap - but in addition we have fifty percent that goes into the bin. If we manage to make the most of this fifty per cent and try to create an economic return from a labour point of view, but also a return on the product, it goes without saying that we will need less and less of it and we will be able to use that product fully. So, whether to make broths, or to make, I don't know, soups with the innards, you can make bottarga with the eggs, you can make stews with the cheeks… In other words, you can use practically everything from fish. All you need to have is, as I said before, the will to get involved, the will to invest your time. It's a concept that you have to bring forward in the cuisine world.

[00:37:22] Anna: At this point I was wondering if you had started to notice a change, a positive trend, towards greater sustainability, greater care in the choice of raw materials by chefs, by restaurateurs. That is, do you see, above all, that perhaps the younger chefs are returning a little to a cuisine more tied to tradition, in order to be able to choose products that are more sustainable?

[00:37:50] Mattia: I see a lot that young people are more ethically aware of respect for the sea. A little because perhaps this effort we have made to convey a message, has helped. But I also see a lot of catering - I always speak from a catering point of view because it is my environment - that is very improvised. When there is improvised cuisine there is no knowledge of the raw materials, as I said before, and therefore all the ethical discourse, the discourse of the local product, goes down the drain, because then people go for what is easier to cook, faster, more immediate. Young people, I see, are approaching the discourse, as I said before, not so much out of curiosity, but rather for fashion. Now there's the fashion of blending fish, the fashion of using fish innards, which is a fashion that will be fleeting because anyway, in catering there is a new fashion trend every year... So, those who do it well, do it because they have knowledge, they have studied, because they believe in what they are doing. But unfortunately, many restaurants don't do it ethically or logically, they just do it because it's fashionable. We have these trends, and they last for those two or three years and then fade away. So those who do it in a really conscientious way will continue to pursue their idea and will definitely benefit from it. Those who do it just because it's cool, then it will end shortly for them. However, I think and reiterate that we must try to help the end consumer, but not the consumer referred to the restaurateur, but more to the very end customer, to make an ethical purchase, because the chain that precedes them is all derived from the end consumer [00:39:45], i.e. the customer who sits in the restaurant and eats a shrimp or eats a cuttlefish that does not come from our sea, or who eats dogfish… The restaurateur has no other ways and means to fight back. No restaurateur, no fisherman says no to a certain amount of earnings or customers because he has to use, say, prawns or shrimp fished in Cesenatico and charge twice as much as the fried fish made by his “neighbour” because it is counterproductive for him, it is counterproductive for his economy. [00:40:22]

[00:39:47] Mattia: So, we must be very attentive to the end consumer, to make him understand the importance of traditional products and what they are, especially the products that are found in our sea and those that are not. 

[00:40:01] Anna: There must be awareness on the part of all those who then come into contact with your cuisine, and therefore also and above all the end consumer who is precisely your customer.

So, guys, we are getting to the end here, but since we've been talking about young people and future generations, and since Stefano you work in an organisation that is founded by young people, but which is also dedicated to young people, I was wondering if you could also share your thoughts on the role and importance of young people in environmental protection in general, and specifically in the protection of the Mediterranean Sea.

[00:40:50] Stefano: Yes, yes, certainly. Let's say that the role of young people, especially in this very world of associationism, we can also see a bit with the most famous and most glaring example of Greta Thunberg.

Having an association that is made up of both people with a certain experience, obviously, but whose base is made up of young people who have a different energy, a different positivity, a different way of approaching these issues, is certainly very stimulating, when you have the awareness to say that you are young, therefore with a lot of creativity, a lot of desire to do, but always open to learning from those who know more. That is, if you maintain this balance between the energy, the creativity of the young person, plus the desire, the open-mindedness in accepting the teachings of the older ones, it is always quite a winning combination.

[00:41:49] Anna: And reminding ourselves that we never stop learning. So, we must always seek constructive confrontation with other generations. Thank you very much. I would like to close our episode by asking a question that we often ask IOCS guests. The question is: if you could choose one message about the Mediterranean Sea that you could share with our listeners, what would that message be? Let's start with Mattia.

[00:42:18] Mattia: So, my message is to experience the sea in such a way that we can see with our own eyes the energy it can give and above all we can truly experience what it wants to communicate to us. Because the sea changes all the time, it changes its energy, and so we can truly perceive what the sea wants to communicate to us, both when it is angry and when it is polluted… we unfortunately see it change before our eyes. So, if we experience the sea, we go out to sea, we are able to breathe in this energy and then when we come back to land, we continue to communicate this energy in our dishes or in what we eat, or even in our daily lives.

[00:43:02] Stefano: I wanted to express a lesson I learned from this work I did together with Mattia, in the context of Meroir. What I learnt from this work, getting in touch with fishermen, was also the value of humility, of really understanding the phrase 'anyone can become your teacher'. These fishermen, who are usually portrayed as the humbler category of workers in the marine sphere, actually talking to them, I learnt how they are actually the first to be in love with the sea, but they have just chosen another path to remain constantly in touch with this natural element, and how most of the time when talking to them, they are often much more knowledgeable, perhaps they know a lot more about the sea than those, like me or others, who have only learnt about it from books. And they see it every day.

And this has to be taught, first of all, not to judge a book by its cover; and then, to learn a little bit about this universe that is so open, also because the community of fishermen, as I was telling you before, seems very closed at first, but then, when you open it up, you discover how in reality among them they are almost a sort of brotherhood that never sees eye to eye with the person in front of it. I mean, fishermen can be Sicilian, Ligurian, in the end they are all fishermen, so they all see each other as brothers, a big family that obviously can have internal divisions, like all families, but they always support each other in the end.

[00:44:33] Anna: So, there is also this sense of sharing one great resource, right? Of one great ocean, uniting all the seas.

[00:44:41] Stefano: They are the first to see the fact that the sea has no borders. The sea, all things that are touched by the sea are all united.

[00:44:50] Anna: Thank you Mattia and Stefano, and that's all for today. Thank you both for sharing your ideas for giving us so much food for thought, not only about the world of responsible cooking and consumption, but also about sustainable fishing. Your stories and experiences have really enriched, in my opinion, this season of If Oceans Could Speak, completely dedicated to the Mediterranean Sea. In the meantime, we thank you all very much for listening to this episode, and until next time!

[00:45:17] Anna: This podcast is brought to you by the members of the EU4Ocean Coalition and was produced by the "If Oceans Could Speak" production team. It is directed by Anna Saito, co-hosted by Penny Clarke and Arne Riedel, co-presented and edited by Stefan Kirchner, Jen Frier, Vera Noon, Agnes Nohra, Pierre Strosser, Francisco Lopez Castejon, and myself, Anna Maria Marino. We thank you for listening and will be back next week with a new story on the Mediterranean Sea, in Arabic. If you would like to follow along, there will be an English language transcript and translation, and I highly recommend that you do so. If the ocean had a voice, what would it say to you?