Riflessi di Scienza
Riflessi di Scienza
Linguismo, bilinguismo e i limiti umani.
Quanto è difficile comunicare veramente? Quali sono i nostri limiti nella comunicazione? E il bilinguismo aiuta il cervello a restare sano? La linguista dell'Università di Trento Patrizia Cordin ci spiega i segreti della sua ricerca... e non solo!
Grazie per l'ascolto! Per contattarci scrivi a andrea.brunello@unitn.it
Qui trovi il sito del podcast presso il portale dell'Università di Trento.
UniTrento
Andrea Brunello – 00:10
Ehi, ehi tu si, si tu che stai ascoltando questo podcast, allora oggi sarà una puntata molto particolare perché oggi cercheremo di esplorare quei limiti - nostri umani - che tutti abbiamo. Insomma, quando cerchiamo di raccontare cose, di esprimerci, quando molto spesso non troviamo le parole giuste per dire quello che vogliamo dire. A me capita spesso, poi con il lavoro che faccio; anche adesso, proprio in questo momento, mentre sto parlando adesso di fronte a questo microfono, io mi ritrovo esattamente in quella situazione di voler dire certe cose e magari non trovo le parole giuste, non so bene come argomentare certi pensieri. Eh, ecco oggi faremo esattamente questo: andremo a capire come funziona il nostro linguaggio almeno un pochino insomma, alcuni meccanismi del nostro linguaggio; lo faremo assieme alla professoressa Patrizia Cordin del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, che io ringrazio da subito, perché con la professoressa Cordin, come vedrete, come ascolterete, faremo dei giochi: ci sarà bisogno di un po’ di senso dell'umorismo da parte di tutti perché sono un po’ in difficoltà, perché questo è un argomento che faccio un po’ fatica a manipolare, quindi proverò a giocare e io ringrazio la professoressa Cordin, che si è messa a disposizione di questo gioco e lo fa con grande senso dell'umorismo, con schiettezza e con una certa apertura. Allora, allora cominciamo, professoressa Cordin, lei si occupa di?
Patrizia Cordin – 01:40
Linguistica generale.
Andrea Brunello – 01:42
Cioè?
Patrizia Cordin – 01:43
Lavoro sulla linguistica, ricerco e insegno linguistica. Noi diciamo linguistica generale, questo per distinguerla dalle linguistiche particolare che potrebbero essere linguistica inglese, tedesca, spagnola e francese. Io invece mi occupo di linguistica generale.
Andrea Brunello – 01:57
Linguistica generale, magari può… Cioè?
Patrizia Cordin – 02:02
Mi occupo anche di sociolinguistica e anche la sociolinguistica ha bisogno di strumenti come la statistica.
Andrea Brunello – 02:09
Statistica, sì. È che sono confuso come prima. Ehm, lei si occupa anche di grammatica generativa. Cioè?
Patrizia Cordin – 02:17
Si tratta dello studio della lingua per conoscere quelle che vengono dette essere proprietà caratteristiche del cervello umano a proposito del linguaggio. Per trovare queste caratteristiche, quindi, sono universali.
Andrea Brunello – 02:34
Quindi lei è una scienziata.
Patrizia Cordin – 02:36
Non mi sono mai definita scienziata; le definizione che ho dato di me stessa sono ricercatrice, sono docente, io mi occupo di linguistica, io sono una linguista; non credo di aver mai detto che io sono una scienziata. Non l’ho mai detto.
Andrea Brunello – 02:51
Parentesi, parentesi: come potete sentire io sono un po’ in difficoltà qui perché sto proprio facendo fatica a trovare il gancio giusto per iniziare questa conversazione. Chiusa parentesi, chiusa parentesi, chiusa parentesi.
Ok, quindi, lei non è una scienziata.
Patrizia Cordin – 03:10
Però, di fronte a una domanda diretta, ti senti una scienziata, beh certo.
Andrea Brunello – 03:14
Allora lei è una scienziata!
Patrizia Cordin – 03:16
La linguistica è una scienza, un po’ meno dura di tante altre, però è una scienza.
Patrizia Cordin – 03:32
Quindi in senso stretto direi di sì.
Andrea Brunello – 03:36
Ok, ok quindi mi faccia capire, lei è una scienziata.
Patrizia Cordin – 03:43
Non mi viene da definirmi scienziata, mah chissà, forse anche un matematico si definisce scienziato? Si definisce scienziato un matematico? Forse no, dice io sono ricercatore di matematica, io studio, boh non lo so.
Andrea Brunello – 04:06
Per quanto mi riguarda la matematica è una scienza. Però anche la linguistica è una scienza, se si utilizza il metodo scientifico no? Se si fanno degli esperimenti che sono riproducibili e così via. Tutte quelle cose che impariamo a scuola. Però, a scuola non insegnano linguistica.
Patrizia Cordin – 04:23
La linguistica di fatto non si fa…
Andrea Brunello – 04:26
Oh finalmente abbiamo trovato un punto di accordo.
Patrizia Cordin – 04:28
Prima dell’università. Perché alle scuole medie e superiori si fa grammatica e solo pochissimi insegnanti, io credo, riescono a trasformare la grammatica in qualche cosa che è riflessione sul linguaggio.
Andrea Brunello – 04:40
Forse perché ci sonio tante materie e aggiungere un ulteriore materia renderebbe il curriculum scolastico troppo denso.
Patrizia Cordin – 04:48
Ci sarebbero molte, molte, opportunità già alle scuole superiori di partire dall’esperienza che gli studenti hanno perché tutti noi abbiamo esperienza linguistiche di vario tipo. Dalla lingua nazionale, al dialetto, al registro colloquiale, al registro più sorvegliato, oralità, scrittura. Quindi partendo proprio da quello che gli studenti usano e conoscono li farei fare delle riflessioni e dei confronti. Ecco questo sarebbe già una bellissima premessa per poi sviluppare discorsi più articolati.
Andrea Brunello – 05:18
Questo ragionamento è proprio interessante. Le va di, articolare in maniera un po’ più ehm articolata – oddio quali sono le parole – eh, mh, ci può spiegare un po’ meglio ehm, mh, cioè?
Patrizia Cordin – 05:35
A volte lo studente: “Ah questo test è bellissimo, sono affascinato da!”. E quindi c’è tutta questa impressione, opinione, che a volta non si riesce nemmeno a giustificare no?
Andrea Brunello – 05:47
Si ho capito cosa intende dire, un po’ come quando per esempio vedo un film e poi non so spiegare perché mi piace, dico mi piace. Mi piace ma perché ti piace dico, oppure quando leggo un libro, non si riesce a fare dell’analisi. Un po’ quello che dice. Ma mi scusi, il motivo forse per cui la linguistica non si studia a scuola è perché effettivamente non ha delle ricadute applicative, evidenti.
Patrizia Cordin – 06:12
La linguistica può avere, in alcuni casi ha e in maniera molto evidente, anche delle ricadute applicative.
Andrea Brunello – 06:20
Davvero? Ha voglia di elaborare?
Patrizia Cordin – 06:22
Proprio queste scelte di politica linguistica no? Per esempio, ci possono essere delle scelte, che ne so. Allora, introduciamo nella scuola il tedesco tot ore di tedesco, invece che l’inglese. Oppure tot ore di inglese e tedesco insieme. Oppure, chiediamo il patentino di ladino a tutti quelli che vogliono insegnare nella scuola.
Andrea Brunello – 06:47
La linguistica per le scelte politiche.
Patrizia Cordin – 06:47
Queste sono decisioni politiche che richiedono però a monte delle scelte di politica linguistica proprio. Avere delle conoscenze in ambito linguistico, per vedere che cosa è meglio e che cosa no, è chiaro che è molto importante per queste decisioni, per queste scelte. Quindi questa è una caduta applicativa.
Andrea Brunello – 07:05
Altro?
Patrizia Cordin – 07:06
Pensiamo ad esempio a comunicazione medico-paziente: comunicazione medico-paziente può avere un’influenza grossissima sulla reazione del paziente rispetto a quello che gli viene comunicato, uno, il paziente potrebbe non capire niente di quello che gli viene comunicato, potrebbe invece capire, ma un messaggio molto negativo
Andrea Brunello – 07:29
Eh sì, è vero, e a volte i medici possono essere parecchio criptici. A ogni modo, sapersi esprimere bene, conoscere le parole giuste è fondamentale. Saper comunicare bene. E questo è uno degli obiettivi della…
Patrizia Cordin – 07:42
Eh, la linguistica poi appunto si occupa di linguaggio e il linguaggio ce lo abbiamo tutti. È qualcosa che ci accomuna, cioè le lingue, la lingua nostra. E quindi insomma, è uno strumento che tutti usiamo, è bene che lo usiamo con consapevolezza.
Andrea Brunello – 07:57
Ed ecco che si apre un altro fronte molto interessante. Quindi sapersi esprimere, saper trovare le parole giuste, articolare bene i pensieri, è un chiarissimo segno di intelligenza. Ma quelli che non lo sanno fare, che non sono capaci di esprimersi, possiamo dire che non sono intelligenti?
Patrizia Cordin – 08:13
A volte ci sono persone che anche non parlano bene; come dire, e usando un termine abusato, sono intelligentissime. Cosa vuol dire, che hanno una capacità di comprendere molto forte.
Andrea Brunello – 08:25
Si certo, è vero, è vero. L’intelligenza è qualcosa di molto più vasto. Spesso facciamo anche fatica a definire che cosa è l’intelligenza.
Patrizia Cordin – 08:33
Però è anche vero appunto, qui il tema linguaggio – pensiero, è anche vero che il modo in cui noi denominiamo la realtà, ci aiuta a comprenderla meglio, perciò se abbiamo dei nomi corretti – per esempio evitare i genericismi, o usare anche il femminile là dove si può usare, dare un nome preciso anziché un nome di un sinonimo che però non è sinonimo, ci aiuta a capire meglio la realtà; io la conosco se la nomino. Ciò che non nomino, non conosco.
Andrea Brunello – 09:07
E se non conosco faccio fatica anche a capire come usarlo, come funziona, come pensarlo in maniera critica. Un po’ come quando smonti un oggetto, che ne so, un orologio e poi lo sai ricostruire benissimo. Allora sì, che puoi dire di conoscerlo.
Patrizia Cordin – 09:22
Allora, il legame fra lingua e conoscenza è molto forte perché se io denomino qualcuno, do un nome a qualcuno o qualcosa – o aggettivi a qualcuno e qualcosa lo conosce meglio. Però è conoscenza, non è intelligenza.
Andrea Brunello – 09:57
Conoscenza, intelligenza. È un po’ come quando si dice che chi ha tanta memoria magari è intelligente ma in realtà ha tanta memoria. Poi forse fa fatica a capire dei concetti profondi no?
Patrizia Cordin – 10:11
Si, si, si.
Andrea Brunello – 10:12
Giusto, giusto, giusto. Ma a questo punto veniamo a quella che è davvero la sua specialità, il bilinguismo.
Patrizia Cordin – 10:18
Io faccio parte di una associazione che si chiama Bilingualism Matters, che è nata una ventina di anni fa a Edimburgo, e poi si è diffusa prima in tutta Europa e poi addirittura adesso nel mondo; ora c’è in Cina, negli Stati Uniti, in America e nella America del Sud. E questa associazione nasce proprio con lo scopo di far conoscere delle ricerche aggiornate e serie sul tema del bilinguismo; quindi, se il bilinguismo fa bene o fa male, quando si può incominciare a parlare più lingue al bambino, se si parlano tre lingue al bambino è confuso oppure no, se il mio bambino mescola mi devo preoccupare oppure no, eccetera. Problemi anche molto pratici, far conoscere alle persone che si occupano di bilinguismo – in situazioni molto concrete quindi genitori, inseganti, logopedisti e anche chi fa politica linguistica, quindi i politici. Far conoscere i risultati più aggiornati della ricerca usando termini comprensibili.
Andrea Brunello – 11:16
Questa ricerca è molto interessante anche perché noi qui in Italia siamo tutti bilingue, più o meno insomma, perché tutti capiamo e parliamo dialetti: alcuni sono lingue, lo sanno tutti, ma in realtà la maggior parte dei dialetti non sono lingue.
Patrizia Cordin – 11:30
No no, tutti i dialetti sono lingue; dal punto di vista del linguista, tutti i dialetti sono lingue.
Andrea Brunello – 11:36
Comunque uno è bilingue se impara due lingue da quando è bambino.
Patrizia Cordin – 11:37
Si può diventare bilingue in tanti modi e, devo dire, anche a tante età.
Andrea Brunello – 11:41
Davvero? E quindi ci sono tanti tipi di bilinguismo.
Patrizia Cordin – 11:44
Si parla di bilinguismo precoce, di bilinguismo tardivo.
Andrea Brunello – 11:49
Ah, quindi uno può diventare bilingue anche in età adulta. Interesting.
Patrizia Cordin – 11:54
A varietà ci sono caratteristiche diverse di questo bilinguismo, ma c’è un bilinguismo anche di chi impara e parla naturalmente un’altra lingua in età adulta.
Andrea Brunello – 12:04
Si ma allora sono tutti un po’ bilingue.
Patrizia Cordin – 12:05
Bilinguismo non vuol dire avere la stessa qualità e la stessa quantità per le due lingue. Una volta dicevano così, cioè che il bilingue è chi padroneggia perfettamente due lingue. Ma non esiste. Ci sarà sempre una lingua dominante e una lingua meno forte. E questo rapporto può cambiare nel tempo.
Andrea Brunello – 12:29
Beh insomma da come ce lo spiega lei professoressa, sembra che essere bilingue sia la cosa più naturale del mondo, che non ci siano svantaggi. Oppure ce ne sono?
Patrizia Cordin – 12:37
Sì, qualche svantaggio c’è. Devo dire che gli svantaggi venivano messi in grandissima evidenza fino ai primi decenni del Novecento, in grandissima evidenza. Tanta evidenza per cui addirittura si parlava di un quoziente intellettivo più basso per chi era bilingue. Anche perché magari in una delle due lingue non si esprimeva così bene.
Andrea Brunello – 13:01
Certo che una volta avevano proprio il quoziente di intelligenza basso eh. Ci sta che un bambino bilingue faccia fatica a imparare velocemente, deve imparare molto di più. Insomma, ha due lingue da mettere dentro il cervello. Ma qual è la situazione tipica per cui un bambino diventa bilingue?
Patrizia Cordin – 13:22
Un bambino può essere bilingue perché in casa ha il genitore di una lingua e l’altro genitore di un’altra lingua. Quindi, già in casa le sente tutte e due, non è detto però che le parli perché il bambino alla fine sceglie. Le capisce, ne ha la competenza, quindi si deve distinguere anche fra un bilinguismo attivo e un bilinguismo passivo. Il bilinguismo attivo è quello che produce, di chi produce, quello passivo di chi capisce ma magari per la produzione sceglie sempre solo una lingua.
Andrea Brunello – 13:47
Quindi dicevano che i bambini bilingue, proprio per questa fatica di imparare due lingue, erano ritardati.
Patrizia Cordin – 13:53
Il bambino ha comunque bisogno per arrivare, almeno per alcune strutture, a livello di un bambino che è monolingue.
Andrea Brunello – 14:01
Quindi ha bisogno di più tempo. Giusto.
Patrizia Cordin – 14:04
Quindi ha bisogno di un po’ più di tempo. Però è uno svantaggio che si supera. Quindi ci può essere un lieve ritardo per l’acquisizione appunto di alcune strutture o lessico. Per le struttura sicuramente si supera abbastanza presto, il bambino supera abbastanza presto questo svantaggio. Per il lessico ci vuole più tempo.
Andrea Brunello – 14:23
Ah quindi non è che il bambino bilingue o la persona bilingue sviluppi dei super poteri; il cervello ha dei limiti dopo tutto.
Patrizia Cordin – 14:32
Di per sé può essere uguale o addirittura maggiore di quello di un monolingue. Però, per ciascuna lingue no.
Andrea Brunello – 14:40
Ma si, certo è ovvio. È pur sempre un cervello umano con tutti i limiti che conosciamo. Professoressa Cordin ha voglia di farci un esempio un po’ più concreto?
Patrizia Cordin – 14:47
Io ho due nipotine, pronipoti, figlie di un nipote, che sono bilingui perché in casa i genitori sono italiani e parlano italiano ma loro vivono a Londra. Sono ancora abbastanza giovani, sono scuola primaria elementare, però frequentano amici e amiche e scuola inglese, quindi insomma, un perfetto British accent. Ora stanno probabilmente rientrando in Italia, l’altro giorno una delle due si trovava a camminare con la mamma in centro, la mamma è stata fermata da una signora che conosceva, chiacchieravano e questa signora diceva: “ma perché allora lei hai intenzione di ritornare?”. “Ma forse sì”. “Lei come si trova a Londra?”, e come si trovano, eccetera. Bene, la conversazione è andata avanti, tornata a casa la bambina ha detto: “Mamma ma chi era Lei?”. La mamma ha detto ma sai si usa, non ci conoscevamo molto bene, dava del lei invece insomma ha spiegato questa differenza. “Ah che difficile, io avrei detto tu, tu tu!”.
Patrizia Cordin – 16:05
Quindi qui è evidente che lei ha respirato questa cultura, che poi in realtà la distinzione c’è comunque, anche con lo you c’è una distinzione, però non grammaticale. E quindi il bambino qui subito – tipico, tra l’altro, dei bambini bilingue che hanno una grandissima sensibilità verso quello che succede nella lingua, cioè si accorgono di quello che succede nella lingua, mentre gli altri bambini magari non avrebbero nemmeno fatto caso a questa cosa. Lei invece subito ha fatto il confronto e ha sottolineato questo.
Andrea Brunello – 16:49
Si chiama shock culturale, e può essere uno svantaggio per i bambini. Ok, quindi, il bambino può avere bisogno di tempo per superare lo shock culturale. Parliamo di mesi, di anni?
Patrizia Cordin – 17:01
Però ecco, come tempi sicuramente c’è bisogno di più mesi e a volte anche di qualche anno in più per il lessico, per arrivare allo stesso livello quantitativo.
Andrea Brunello – 17:12
Fino a qualche decennio fa era molto difficile trovare persone bilingui. Erano rari. Adesso con tutte le opportunità che abbiamo quasi tutti i giovani parlano due lingue, se non tre o quattro. Si vedono film in lingua originale, si ascoltano podcast da paesi lontani. Si viaggia, si cerca lavoro all’estero e quindi il bilinguismo regala tanti vantaggi. Per esempio?
Patrizia Cordin – 17:37
Il vantaggio di immergersi in maniera più forte e diretta in una cultura. E questo forse è uno dei vantaggi più noti. Il vantaggio di trovare più facilmente lavoro. E anche questo un vantaggio noto, quindi vantaggi di tipo sociale, economico. Vantaggi di cui si parla ultimamente sono vantaggi cognitivi; cioè, soprattutto per i bambini, se i bambini presto sono bilingui, anche se il bilinguismo può essere del tutto sbilanciato – cioè appunto, più forte in una lingua e meno forte in un’altra -, i bambini sono abituati a tenere latente una delle due lingue. Cioè sono abituati ad avere due lingue e a usarne una a seconda della situazione e dell’interlocutore. Questa è una specie di ginnastica del cervello. Cioè con questo controllo, i bambini sono abituati a controllare quello che succede. E pare che questo controllo linguistico abbia conseguenze anche sull’attenzione; hanno un’attenzione selettiva più forte, un controllo esecutivo più forte. Quindi hanno dei vantaggi che sono proprio legati a questa sfera cognitiva.
Andrea Brunello – 18:38
OK, mi piace questa cosa del bilinguismo. I like it. Professoressa Cordin, le faccio un'altra domanda, imparare una lingua, cioè sviluppare questa capacità di essere bilingue e di pensare in più lingue diverse, può avere dei vantaggi di tipo cognitivo?
Patrizia Cordin – 18:55
Pare che il bilinguismo non fermi malattie come l’Alzheimer o la demenza senile, non le ferma assolutamente ma le rallenta. Fa sì, non tanto che le si possano evitare ma pare – e questo da studi – pare che si manifesti con qualche anno di ritardo.
Andrea Brunello – 19:18
Quindi fa bene imparare lingue. I like it. Quindi è giusto, come dire, stressare i bambini perché imparino nuove lingue.
Patrizia Cordin – 19:25
Io non userei il termine di stressare i bambini per imparare nuove lingue.
Adrea Brunello – 19:29
Si, però a scuola eh, che stress. Come direbbero gli inglesi: It’s a lot of stress!
Patrizia Cordin – 19:36
Cioè le nuove lingue dovrebbero essere sempre viste come qualcosa di divertente, un’opportunità. Certo ancora a scuola diventa una disciplina per cui hai il tema, l’interrogazione, vieni giudicato e “Chi me lo fa fare!”, chiaro…
Andrea Brunello – 19:50
Forse imparare le lingue a scuola non è facilissimo.
Patrizia Cordin – 19:52
La scuola di per sé è un ambiente un po’ artificiale per imparare le lingue, è difficile renderlo del tutto spontaneo; in un ambiente spontaneo credo che il bambino non sia stressato, anzi normalmente se la cava benissimo. Inventa, usa i gesti, impara presto, impara prestissimo. Quindi ecco, non dovrebbero essere stressati.
Andrea Brunello – 20:08
Ma vabbè, la scuola è un ambiente stressante, se non altro per il fatto che l’insegnamento è più standardizzato e che ci sono i voti, i giudizi.
Cambiamo argomento: la musica può essere considerata una lingua?
Patrizia Cordin – 20:36
Sono state studiate molto le analogie fra la musica, fra l’acquisizione musicale, l’esercizio musicale, la pratica musicale e l’esercizio linguistica, l’acquisizione linguistica e la pratica linguistica. Molte analogie.
Patrizia Cordin – 20:55
Ora, non sarà esattamente la stessa cosa, la musica è un modo di comunicare che richiede esercizio, che richiede continuità che rimane. Quindi insomma ci sono queste caratteristiche e analogie con la lingua; non è però esattamente la lingua orale e quindi non so se posso dire che è esattamente la stessa cosa. Però sono stati studiati casi, ecco questo è interessante, ci sono studi abbastanza recenti che mostrano che bambini che studiano musica hanno una predisposizione molto forte per l’acquisizione dell’apprendimento di altre lingue, più di altri bambini che non studiano musica. Quindi anche la musica evidentemente favorisce l’apprendimento e l’acquisizione.
Andrea Brunello – 21:55
A questo punto una domanda che mi sorge spontanea. Ma una come lei che conosce così bene la linguistica, che capisce l’importanza delle parole, che studia, insomma un’accademica; sarà senz’altro eccezionale nella comunicazione no? Per esempio in famiglia.
Patrizia Cordin – 22:12
Io che mi occupo di linguistica, di comunicazione, mi accorgo quante volte ad esempio in famiglia, soprattutto con mio marito – perché adesso viviamo da soli, una volta con il figlio e con il marito, adesso con il marito, e quindi con mio marito abbiamo le prove di comunicazione più frequenti – e ogni tanto basta un nulla proprio per fraintendersi. Quindi poi il discorso prende tutta un’altra piega. Comunicare con attenzione a come il nostro discorso può essere recepito è fondamentale. E il discorso è fatto di parole, quindi certo di parole, ma è fatto – e questo spesso non viene considerato – di prosodia. Cioè quello che conta è anche l’intonazione; io posso dire due parole con due intonazioni diverse. La comunicazione che passa è diversa. Quindi è importante anche il controllo sull’intonazione che noi usiamo, come le buttiamo lì le parole.
Andrea Brunello – 23:13
Insomma, anche lei che è un’esperta di linguistica alla fine è un essere umano e vive in questa incredibile complessità che è il nostro mondo, la nostra società, nella complessità della lingua. Ecco, questa risata mi inquieta.
A volta ho come l’impressione che non trovo le parole per spiegarmi, soprattutto quando sono di fronte a una professoressa di linguistica. Mh, forse perché sono bilingue?
Patrizia Cordin – 23:58
Si si si.
Andrea Brunello – 23:59
Ecco. Che incontro stranissimo. Thank you for your time professoressa Cordin. È stato molto bello scambiare four chiacchiere con lei. Grazie per la sua disponibilità a stare un po’ al gioco oggi. Arrivederci o dovrei dire good bye!
Avete ascoltato una puntata piuttosto strana di Riflessi di scienza, con me, Andrea Brunello. Le musiche sono originali e sono composte ed eseguite da Stefano Oss. Riflessi di scienza è una produzione dell’Università di Trento in collaborazione con Arditodesìo. Ciao, ciao.
UniTrento